Scrittore per caso, e di successo, Guido Montani (Mastandrea) entra nella cinquina di finalisti per un prestigioso premio letterario. La cosa lo coinvolge relativamente, così come tutti gli altri aspetti della sua esistenza. Sposato con Benedetta (Bergamasco) e padre della preadolescente Costanza (l'esordiente Domiziana Cardinali), si disinteressa pressoché totalmente del trasloco verso la nuova casa, più vicina alla città, e decide di proseguire il corso di nuoto iniziato (malvolentieri) e abbandonato dalla figlia. Qui conosce l'istruttrice Giulia (Golino), donna di un fascino misterioso, che "non esce mai la sera", appesantita da un vuoto incolmabile, segnata da un passato doloroso e incatenata ad un presente senza speranza. Iniziano a frequentarsi, ma illuminare le rispettive zone d'ombra non sarà così semplice.

Cinque anni dopo La vita che vorrei, Giuseppe Piccioni (anche autore della sceneggiatura insieme a Federica Pontremoli) torna a confrontarsi con il reale attraverso un cinema che si fa metalinguaggio, non più "film nel film", ma film nel libro, e viceversa. Come sullo schermo prendono vita i personaggi creati da Guido (l'uomo degli ombrelli, il tormentato Padre Rosario), così sulla pagina inizia a prendere forma Giulia, attrice in ombra di una vita a libertà vigilata, poco a poco protagonista in una nuova esistenza fino a quel momento solamente trascinata dagli eventi. Perché Guido - con il quale Mastandrea riesce a stabilire una simbiosi non solo di facciata - malinconico e sfuggente, sembra risvegliarsi dal torpore di una medietà che lo porta a non scegliere, quasi a "non essere" in nessuna delle situazioni che lo riguardano: conoscendo Giulia, forse innamorandosene, l'uomo non smette di osservare ma al tempo stesso è come se proiettasse su di lei la speranza di un cambiamento. La esorta a riallacciare i rapporti con la figlia abbandonata nove anni prima, arriva persino a scrivere una lettera alla ragazza per favorirne l'incontro, e intanto porta avanti questa storia sugli appunti per una nuova, ipotetica pubblicazione. Come al solito fuggendo qualsiasi concessione al banale o al consolatorio, Piccioni (che ritrova collaborazioni importanti, come quelle di Esmeralda Calabria al montaggio e Luca Bigazzi alla fotografia) è bravo ad inscrivere i due protagonisti in un contesto che anziché semplificare tende a sottolineare le rispettive sfumature, dall'ambiente dell'editoria (ennesima, grande prova di Piera Degli Esposti) alla piscina dove lavora Giulia, non luogo che tende ad escluderli dal mondo, dove ogni gesto diventa meccanico, ripetitivo, ma al tempo stesso regala loro l'illusione di un continuo, nuovo inizio.