Dopo il non riuscito Miracolo del 2003, Edoardo Winspeare torna in Puglia con I galantuomini, tallonando la storia d'amore impossibile - definizione sua - tra il magistrato Gifuni e la boss Donatella Finocchiaro negli anni '90 della Sacra Corona Unita. Scritto da Winspeare, Andrea Piva e Alessandro Valenti, il film mette al centro la loro relazione pericolosa, delegando ai margini - forzatamente - il cotè sociale, ovvero criminale.

Peccato, perché i suoi criminali cialtroni, simpatici e in definitiva deficienti (salvo la boss Finocchiaro e il Carmine Za' di Giorgio Colangeli) sono divertenti, pur se non attendibili - riuscito soprattutto il bullo, cocainomane ed erotomane Beppe Fiorello - mentre il passo doppio di Gifuni e Finocchiaro va a picco, sia per mera verosimiglianza - al lumicino davvero, checché ne dicano i magistrati "consulenti" del film - sia per la mancanza di alchimia interpretativa tra i due, con un Gifuni spaesato e spaesante. Sceneggiatura scellerata, loro sono il focus, e il loro fallimento - nonostante la discreta prova della Finocchiaro - decreta quello globale del film. C'è poco da salvare, tra cui la magistrata Gioia Spaziani, qualche fuoricampo interno della SCU in chiave umoristica, come dicevamo, e qualche nota della colonna sonora, di certo dopo Gomorra, ma anche a prescindere, questa (non-)antropologia audiovisiva mafiosa è vecchia, drammaticamente vecchia. E dire che I galantuomini è solo una storia d'amore non salva, anzi.