A Roma, oggi. Un incidente fa perdere del tutto la memoria a Pietro, medico. La sua ex moglie Giulia sta per risposarsi e non vuole più saperne di lui, così il fratello Francesco, stuntman dalla vita sregolata, è costretto a portarselo a casa, ad accudirlo e a fare una cosa che non ha mai fatto, la persona adulta. Nella convivenza forzata tra i due viene coinvolta anche Sofia, vicina di casa di Francesco.  I rapporti tra i quattro si intrecciano, si complicano (nel conto entra anche Stella, la figlia ora adolescente di Pietro e Giulia), corrono lungo vari equivoci, prima di arrivare alla soluzione finale.  Invece di “soluzione finale” si sarebbe potuto scrivere subito “lieto fine”, perché la conclusione è talmente ‘telefonata' da essere intuita dall'esatto momento in cui i due fratelli cominciano a vivere insieme.

Siamo totalmente dentro quella commedia italiana che sembra aver ritrovato nelle ultime stagioni (il botteghino conferma) slancio e vigore. Ma qualcosa qui non funziona, frena, si inceppa. Di quei due fratelli contrari tra loro per carattere e indole non vediamo quasi niente, nessuno racconta a Pietro com'è andato l'incidente, assistiamo solo al loro lento, inesorabile, inevitabile riavvicinarsi, ricompattarsi, ritrovare fiducia, equilibrio, serenità. Eppure la prima regola dei grandi copioni di Age e Scarpelli era quella di tenere viva la dialettica tra gi opposti: come se ne Il sorpasso Gassman e Trintignant fossero stati entrambi dalla stessa parte.  Anche nei momenti di rabbia l'approccio dei protagonisti gioca al ribasso, va verso lo smussare contrasti e divisioni, sceglie la strada della riconciliazione. Tutte, certo, nobili intenzioni che la regia di Federici asseconda e non spezza. Si sente l'assenza di quel pizzico di cinismo che, se non altro, renderebbe più realistica la storia, forse la favola. Che invece resta ancorata all'americanismo della ‘seconda occasione', e al lamento della piccola Stella su “papà non c'eri quando ne avevo bisogno”. Gli attori restano in linea con ciò che chiede la sceneggiatura. Bene Argentero e Bova, più toniche e vivaci Crescentini e Leone.