"In Africa l'obiettivo non è essere felici, ma sopravvivere. Ma è una guerra. E l'Africa può perderla, per sempre". Così scriveva Walter Veltroni nel suo diario di viaggio (ed. BUR - Biblioteca Universal Rizzoli) che ora dà il titolo al nuovo docu-film di Franco Brogi Taviani, deciso ad intraprendere lo stesso cammino fatto dall'autore del libro, contrappuntando nel percorso le musiche (curate da Giuliano Taviani e Carmelo Travia) e le canzoni scritte appositamente per Siya Makuzeni, giovane cantante sudafricana. È questo, come dice il regista, il "contrappeso creativo e fantastico" di un realismo tragico e senza speranza: Mozambico, Angola, Uganda, Senegal, Camerun e Sud Africa si offrono allo sguardo comunque mai pietistico del documentarista, testimone di un dolore che non può, non deve essere ignorato. Quasi 26 milioni le persone malate di Aids, 15 milioni i bambini per questo rimasti orfani, senza contare quelli "accusati di stregoneria" o che - costretti dall'indigenza -"lavorano" immergendosi nelle montagne di rifiuti in discariche a cielo aperto per recuperare e rivendere residui di ferro: è negli occhi di uno di loro, trampoliere per gioco su due barattoli di lamiera, che Franco Brogi Taviani vorrebbe ci specchiassimo, ricordandoci una volta di più che, proprio come disse un prete di fronte a tanta miseria, tanto orrore, forse in Africa Dio è davvero malato.