Affondo di Linklater contro multinazionali, miopia dell'amministrazione Bush e apatia degli americani. Materia e scopo simili a Super Size Me, ma strategia di gran lunga più intelligente: colpire allo stomaco con l'emozione del dramma e rifiutando l'attacco frontale. La terapia è d'urto e studiata con cura. Il risultato una storia avvincente che parte dall'ispezione del colletto bianco Greg Kinnear: le analisi dal mattatoio del Colorado che rifornisce la sua catena di fast-food rivelano preoccupanti tracce di sterco nelle carni. Bovini pronti al macello da una parte, manodopera clandestina dall'altra: nell'esibito parallelismo, due fasi della stessa fabbrica di perversioni: un identikit che va ben oltre il pianeta fast-food, per elevare l'hamburger a emblema di un sistema capace di uccidere nel nome del profitto e degli azionisti. I piani si intrecciano insieme alle storie di Greg Kinnear ed Ethan Hawke, Patricia Arquette e Bruce Willis. Impietoso il ritratto dell'America che ne risulta: repubblica fondata sugli hamburger, dove gli aromi dei panini si studiano in laboratorio, il menù più in voga viene insaporito con lo sterco di vacca e gli immigrati clandestini sono carne da macello.