Dal romanzo autobiografico di Jan Guillou, il film svedese campione di incassi in patria e candidato per l'Oscar nel 2004. Erik scarica a scuola la violenza subita dal patrigno tra le mura domestiche e viene interdetto da tutti gli istituti pubblici. La madre, incapace di fronteggiare il marito, vende parte del mobilio di casa e iscrive il figlio a un collegio privato: qui Erik si trova a fare i conti con le violenze e i soprusi degli studenti più grandi, capeggiati da Silverhielm, ma conosce anche l'amicizia del compagno Pierre e l'amore della cameriera Marja. Ultimo in ordine d'apparizione tra i ribelli del grande schermo, da James Dean - esplicitamente citato - in giù, Andreas Wilson nei panni di Erik si carica sul corpo e sul viso - simil - Di Caprio, ma con sguardo sveglio - il peso e le botte del film, con una prova di grande personalità. La formazione di Erik è catalizzata dalla violenza: la sua rabbia indotta dalle cinghiate subite dal patrigno tracima tra i banchi, ma il regista rigetta dichiaratamente la consequenzialità. Convinto da Pierre all'opzione gandhiana, riesce inizialmente ad astenersi dal confronto fisico, ma la violenza (fisica e "legislativa") ritorna nel finale quale legittima difesa. Abbandonando l'etica protestante di partenza e il correlato determinismo, Evil si sviluppa fluido e "cattivo" (pestaggi sanguinosi, rifiuto di smancerie amorose ed happy end) con una regia, quella di Mikael Hafstrom, che taglia corto, ma senza appiattirsi sulla fiction-tv. Anche nel Nord-Europa, la gioventù continua a essere bruciata.