Escobar, chi era costui? Prova a dircelo un regista Italiano, anzi, un attore italiano, Andrea Di Stefano, che esordisce alla regia con Escobar: Paradise Lost. Al festival di Roma nella sezione Gala, ha un cast super: Benicio Del Toro nella parte del signore della droga colombiano, Josh Hutcherson (Hunger Games) in quello della “preda”.

Scrive  e dirige, il bravo Di Stefano, ma l'italianità finisce qui: producono i francesi, perché – lo dice il regista, ma è tristemente evidente – un film con un budget medio-alto è un problema entro i nostri confini. Comunque, dopo i Minervini, i Pallaoro e compagnia migrante, viene il sospetto che il nostro cinema migliore, anzi, più vivo e performante si faccia fuori dall'Italia. Chissà. Nel film, due ore di durata, il canadese Nick (Josh Hutcherson) pensa di aver trovato il paradiso quando raggiunge il fratello in Colombia: laguna turchese, spiagge stupende, l'habitat ideale per un surfista. E le cose addirittura migliorano quando incontra la stupenda Maria (Claudia Traisac): si innamorano, tutto va alla grande, finché la ragazza non gli presenta lo zio. Sì, è Pablo Escobar.

Il valore metamorfico di Del Toro non è una novità, e qui mette in bacheca un altro ruolo superbo, ma pure Hutcherson se la cava bene. E che dire della regia? Internazionale, tra il Carlos di Assayas (modello non raggiunto) e qualche Training Day di hollywoodiana memoria, soprattutto attenta alle esigenze del grande pubblico in termini di pathos più che di action. Nulla di clamoroso, capiamoci, ma esordire così e con questo schema produttivo, beh, ha del miracoloso. Insomma, Gabriele Muccino rischia di non rimanere solo a lungo Oltreoceano. L'Italia, questa sì, rimarrà sola.