Tre variazioni sul tema dell'eros di altrettanti grandi - e diversissimi - autori. Wong Kar-wai con La mano ci porta nella Shangai del 1963, dove accarezziamo poesia pura - si veda il ricorso raffinato (al limite del calligrafismo) a musica e ralenty - nel ménage tra un giovane sarto e una prostituta d'alto bordo in declino: la rudezza del loro primo incontro lascia progressivamente spazio alla dolcezza, mentre le mani divengono parole secondo la cifra poetica del cineasta di Hong Kong. Equilibrium di Soderbergh è ambientato nella New York del 1963, dove il regista percorre la sottile via dell'ironia tra sogno e psicanalisi: l'effetto dissonante di questo episodio - quello meno autoriale e più debole - scuote l'intero trittico, liberando il campo dalla minaccia dell'uniformità a tutti i costi. Per non soffocare nella terra di mezzo tra l'estetismo sensoriale di Wong Kar-wai e il monologo di Antonioni, infatti, il regista di Ocean's 12 sceglie il basso profilo del divertissement, privilegiando la chiave umoristica. Antonioni, d'altro canto, parla un linguaggio difficile da decifrare e a tratti perfino auto-referenziale: Il filo pericoloso delle cose è agli antipodi di qualsiasi istanza realistica. La tensione creativa è per l'alfabeto segreto dell'animo da cui cavare una verità che ci stupiamo conoscere da sempre. Far quadrare il triangolo, comunque, rimane impresa ardua.