Sadismo, truculenza e sangue a fiumi. Encarnação do Demonio mantiene le promesse annunciate alla vigilia, riportando in vita i deliri orrorifici di Zé do Caixão (lo stesso José Mojica Marins), macabro becchino brasiliano protagonista di A mezzanotte prenderò la tua anima (1964) e Questa notte mi incarnerò nel tuo cadavere (1967), riemerso dalle tenebre dopo 40 anni di prigionia. E il suo sogno ancora irrealizzato - trovare la donna superiore con cui poter concepire il figlio perfetto, garantendo così l'immortalità al suo sangue (e al suo pensiero) - lo porterà nel cuore di un'inospitale favela.
José Mojica Marins reindossa cappello e mantello, sfoggia unghie lunghissime e fa risorgere l'alter ego che lo rese celebre: il nuovo, strano mondo di Zé do Caixão - caratterizzato, come detto, da aberrazioni, torture e ricerca indefessa di una non solo metaforica immortalità - fa sprofondare gli sguardi in un torbido e lugubre viaggio, attraverso antichi riti voodoo, carni e corpi più straziati che venerati: lontano anni luce dagli ultimi esempi dei new horror americani (Eli Roth, a confronto, è Bambi...) , europei ed orientali, l'estremo anarchismo di Marins - quasi irriconoscibile e solo alle prime facilmente ridicolizzabile quanto è invecchiato, imbolsito e appesantito - si traduce ben presto in rigoroso e lucidissimo teorema sulla trasmigrazione e l'immortalità delle immagini, dapprima rinchiudendo Zé do Caixão (se stesso) nel vortice di tremendi deliri in cui il suo passato riemerge (tra morti che ritornano e spezzoni dei suoi vecchi film), poi rievocando la scena degli specchi de La signora di Shanghai di Orson Welles, infine soccombendo sotto la croce di un altrettanto delirante frate. Ma le "immagini", si diceva, non muoiono: il testimone di Zé do Caixão sarà affidato ad almeno uno dei sei o sette nascituri in grembo alle rispettive madri. L'incubo, probabilmente, continua...