Dimenticate il Messico della Rivoluzione, ricco di avventurieri con la pelle arsa dal sole e madidi di sudore, secondo il torrido immaginario che l’epica cinematografica (spaghetti) western ci ha tramandato, da Sergio Leone a Giulio Petroni passando per Damiano Damiani.

 

Enamorada, capolavoro di Emilio Fernandez del 1946, attinge alla gran parte dei generi della sua epoca e, incurante del principio di non contraddizione, riesce a essere ciascuno di essi e nel migliore dei modi. Western per ambientazione, commedia sofisticata per le schermaglie d’amore, melò per la passione ostacolata e dramma per la rievocazione, stilizzata ma non superficiale, delle condizioni di un popolo in guerra.

 

La trama, che ripercorre le tracce della Bisbetica domata di Shakespeare, segue il tormentato corteggiamento della bella, ricca e insopportabile Beatriz messo in atto dal generale zapatista Reyes (Pedro Armendariz) subito dopo la conquista della città di Cholula, ma le ombre della guerra, inesorabili, incombono. E basti, a esemplificare questa magistrale fusione di registri stilistici, il finale dall’andamento ellittico che riesce, aggirando accuratamente civetterie e melensaggini, a riversare lo slancio romantico della narrazione nel pathos dell’epica.

 

A tutto questo aggiungiamo lo splendido bianco e nero, ricco di sfumature, della fotografia di Gabriel Figueroa che alterna, con maestria, profondità di campo e certi, memorabili primi piani in penombra di Maria Félix (Beatriz).

 

Enamorada è dunque un capolavoro del cinema messicano dell’epoca d’oro, e del cinema mondiale tout court, restituito al pubblico italiano con la benedizione di Martin Scorsese che lo ha presentato lo scorso anno, a Bologna, alla 32ª edizione del festival Il Cinema Ritrovato. E sia infine lode alla Cineteca di Bologna che sèguita a riportare in sala le perle del passato che oltrepassano, indenni, i tempi e le mode.