Dopo Contagion, Steven Soderbergh disse di voler smettere col cinema: a giudicare da Effetti collaterali, l'ha fatto davvero. Il problema non è la regia, seppur impalpabile (a parte la scena delittuosa), ma la sceneggiatura vergata – non si direbbe né con la penna né con la tastiera – da Scott Z. Burns: “thriller provocatorio”, nelle intenzioni, ma fa acqua da tutte le parti, imbarca noia e, se non bastasse, un rapporto saffico da elevare Harmony all'eccellenza dantesca. Non sveliamo troppo, è un thriller (risata d'obbligo): una coppia newyorkese (Rooney Mara e Channing Tatum) prova a rimettersi in carreggiata dopo l'insider trading e la prigione di lui, finché lo psichiatra (Jude Law) di lei non prescrive un nuovo psicofarmaco per combattere la depressione... Nel cast anche Catherine Zeta-Jones (formato milf ma senza prole), la depressione viene allo spettatore memore del Soderbergh migliore: miscast (Rooney Mara non ha empatia, ma solo la coda di paglia; Tatum è un bamboccione), inverosimiglianze che fanno dello script cartastraccia, colonna sonora didascalica for dummies, e tutte le controindicazioni di un progetto nato storto e cresciuto peggio. L'effetto flou di Soderbergh?