Ci risiamo. Dopo Febbre da cavallo - La mandrakata e Il ritorno del Monnezza, ecco un'altra "operazione nostalgia" di cui, onestamente, potevamo anche fare a meno: sfruttando l'entusiasmo commerciale che ha accompagnato questa sorta di revisionismo "stracultiano" verso pellicole dapprima snobbate o facilmente emarginate (non dal pubblico, ma dagli stessi addetti ai lavori), i fratelli Vanzina ripropongono un altro cavallo di battaglia che, nei primi anni '80, garantì a Diego Abatantuono il riconoscimento su scala nazionale nei panni del "terrunciello". Più di venti anni dopo Eccezzziunale veramente, allora, rieccoci di fronte al tifoso uno e trino, milanista/juventino/interista, stavolta meno sfegatato e - cose della vita - terribilmente invecchiato.
Il ras della fossa, Donato, torna in Italia dopo l'esilio volontario in Spagna per rimettersi in pari con troppi anni senza stadio e senza Milan: scoprirà di essere padre (dalla ex fiamma Anna Maria Barbera) e che, ironia della sorte, il ragazzo è un capo-tifoso dell'Inter (cresciuto, niente meno, da Sandrino "il mazzolatore", suo rivale storico). Felice, conosciuto come Tirzan, esce dal coma quindicennale causato da un incidente con il camion, mentre si lasciava distrarre dalle gesta in radiocronaca della sua Juventus in quel di Amsterdam (il flashback racconta di un goal siglato da Bettega ma, nel 1990, l'attuale vicepresidente della Vecchia Signora aveva da parecchio appeso gli scarpini al chiodo…) e si ritrova a dover dividere la moglie dimenticata (Sabrina Ferilli) con l'attuale convivente di lei (Buccirosso). Franco, infine, per colpa dell'Inter è sommerso dai debiti: una valigetta piena di soldi sembra risolvere tutti i suoi guai, ma scoprirà poco dopo che appartenevano alla mafia.
Un tantino più riuscito del loro ultimo film, Eccezzziunale veramente - capitolo secondo… me (alla bruttezza dei titoli non c'è mai fine) costringe i Vanzina a dover fare i conti con un allontanamento evidente da quello che, nel 1982, si rivelò forse essere uno dei tasselli chiave dell'intera pellicola: la "viuuleeeenzaaaa!" teorizzata dall'allora inimitabile Abatantuono (oggi è solo il prevedibile sosia di quella maschera) viene sensibilmente smussata per provare a riconsiderare il calcio nella sua accezione originaria. Allontanandosi però anche dal calcio stesso. Qualche risata, alla fine, scapperà pure. Ma la sensazione che quel tipo di cinema sia perduto per sempre è oggi ancora più forte: alle idee genuine e alla "povertà" di allora non si può tener testa con operazioni così palesemente studiate a tavolino. La canzone originaria sui titoli, per fortuna almeno quella, è rimasta la stessa.