L’incedere del cinema di François Ozon ha numeri impressionanti: venti film in poco più di due decenni. Ma nel suo generoso percorso il regista francese ha saputo reinventarsi, restare ogni volta fedele a sé stesso per poi immergersi in nuove fasi creative. La Storia, l’erotismo e l’identità umana sono solo alcuni dei temi che ha affrontato dietro la macchina da presa.

L’immagine del francese Adrien Rivoire che prega sulla tomba del tedesco Frantz Hoffmeister, alla fine della Grande Guerra, resta una delle più forti riflessioni sulla colpa mai viste sullo schermo. Il film era Frantz, e la meditazione sulla morte avrebbe trovato nuova linfa in Estate ’85. In quel caso il dolore passava attraverso la musica, attraverso il ballo al cimitero sulla lapide del proprio amore perduto.

Anche nel suo nuovo È andato tutto bene (Tout s'est bien passé), in concorso al Festival di Cannes, Ozon prosegue il suo percorso legato alla fine dell’esistenza. In Frantz ad avvelenare l’anima era il conflitto mondiale, in Estate ’85 la giovinezza era sinonimo di tragedia. Ad accomunare le due storie l’impossibilità di continuare a vivere, la fragilità del corpo. In Tout s'est bien passé la morte viene analizzata da un punto di vista ancora diverso, quello dell’eutanasia. Raccontato con cifre stilistiche spesso opposte, da Mare dentro di Alejandro Amenábar a Bella addormentata di Marco Bellocchio, passando da Million Dollar Baby di Clint Eastwood, il tema è sempre stato alla base di dibattiti incandescenti.

Ozon sa toccare le corde giuste, senza mai essere ricattatorio. Utilizza toni inaspettati, passa dalla sofferenza al sorriso con grande sensibilità. La sua vuole essere una vicenda comune. Un padre malato non è più autosufficiente. Ha ottantacinque anni, è bloccato sulla sedia a rotelle, e chiede alle figlie di morire. È l’inizio di un lungo cammino verso la Svizzera. Ma ancora una volta il viaggio non è solo fisico.

 

Tout s'est bien passé parte dal dilemma morale, per focalizzarsi sui sentimenti, sulle lacrime trattenute. Non vuole sollevare polemiche, non fornisce risposte facili. Altre volte Ozon aveva affrontato tematiche spinose, come in Grazie a Dio, che si concentrava sulle vittime dei preti pedofili. Anche in quel caso, il rigore della regia era al di sopra di ogni scandalo.

In Tout s'est bien passé la chiave è l’empatia per i personaggi: il genitore che vuole andarsene per sempre, il tormento di chi resta e deve decidere su cosa fare. Ozon assiste a distanza, non può offrire soluzioni, si fa narratore silenzioso di un’umanità allo stremo. E valorizza il talento di André Dussollier, qui in una delle sue prove più alte, supportato da un’ottima Sophie Marceau.