Dylan chi? La domanda nasce spontanea, avendo visto cosa son riusciti a fare gli americani del nostro indagatore dell'incubo. Irriconoscibile al punto da suscitare il sospetto che in fondo Dylan Dog- Il film non sia un adattamento del fumetto, bensì un accidentale caso di omonimia. Invece no: Munroe e soci (sceneggiatori, produttori e tutti coloro che lesiva parte hanno preso all'impresa) conoscono Sclavi (l'ideatore) e Bonelli (l'editore), persino li citano, li omaggiano, e tra un camicia rossa, un paio di jeans, un "Giudia Ballerino" scappato al doppiaggio e un maggiolone invertito (nei colori), lo tirano per la giacchietta (nera, almeno!) quel Dylan Dog famoso. Ma è come il dagherrotipo di una persona scomparsa, l'oleogramma evaso dal fumetto, preso e trapiantato in un altro continente (l'America), traslocato di città (New Orleans), privato dei vecchi amici (adieu Groucho, goodbye Bloch), risarcito coi nuovi (Marcus, l'assistente fifone e isterico), nutrito ad anabolizzanti (Se il Dylan dei fumetti era ispirato a Rupert Everett, questo interpretato da Brandon Routh sembra Superman), devitaminizzato quanto a ironia, monco pure del tipico esistenzialismo naïf.
Pure mettendo da parte l'infinita lista di tradimenti perpetrati - leciti in teoria, come le migliori trasposizioni insegnano - resta da vedere cosa viene offerto in cambio. Ed è qui il problema. Perché anche chiamando il film con un altro nome, resterebbe un film scadente. Dove se la logica difetta per programma, l'idiozia al contrario abbonda non richiesta. In cui il sottile confine tra reale e surreale (elemento perturbante decisivo nella serie a fumetti) viene abolito a favore del secondo (ma se tutto è surreale, dov'è l'assurdo, dov'è l'ignoto?). Più dei mostri - in fondo buffi - impressiona il torpore della sceneggiatura, l'assenza di un punto di vista, una riscrittura riconoscibile del personaggio e del suo mondo poetico. Munroe non sa nemmeno confonderci con lo stile, e lo scarto - se pure c'é - tra questo film e un qualunque episodio di Buffy l'ammazzavampiri è minimo davvero. Luogo del delitto una New orleans ridotta a un circo di freaks, messa in scena secondo una pura meccanica d'azione/reazione, ottusa come (da) copione. Il sogno di vedere degnamente rappresentato l'indagatore dell'incubo muore senza colpo ferire. Proprio questa totale assenza d'ambizioni fa male: si poteva accettare un fallimento, ma il non averci nemmeno provato no. E dire che Dylan Dog ha più lati oscuri e spunti semantici del più nero personaggio della Marvel. Possibile che non si trovi un regista - anche italiano, perché no? Chi l'ha detto che dobbiamo fare solo commedie e opere d'autore? - disposto a metterci mano? Male che vada sarà un film sbagliato. Nella più tragica delle ipotesi, non sarà peggiore di questo.