Le voci di questa versione cinematografica di un hit di Broadway (correva l'anno 1981) sono belle, le canzoni meno. Gli anni Sessanta tornano nei materiali di repertorio, nelle acconciature, nelle fogge dei vestiti, nella gestualità da palcoscenico e nella volontà di cambiamento, ma il sound dei solchi di vinile e il soul dei caratteri è puro modernariato musicale-narrativo. Nonostante i momenti dilatati che probabilmente funzionavano a teatro e risultano involuti sullo schermo, Dreamgirls è una gradevole, orecchiabile e non entusiasmante ricognizione vintage sulla Motown, sulle Supremes, sul rhythm and blues, sulle turbolenze di un'America giovane e nera.  Nel film - e questo non è un dettaglio ininfluente - alla leggendaria casa discografica, al celebre gruppo vocale femminile, agli accordi di una musica che ancora costringe a battere il tempo con i piedi sono sostituite figure, cronache e partiture vicarie. Nulla e nessuno porta il nome che dovrebbe portare. Si evoca, si delega, si suggerisce e lo spettatore dovrebbe appassionarsi alle crisi, all'emarginazione, alla routine, ai fallimenti, alle debolezze di un universo musicale e di protagonisti che somigliano, ma "non sono" neanche nella finzione. Un musical biopic sulla supplenza. Le corde vocali sono fondamentali, ma conta molto di più l'immagine e la robusta Jennifer Hudson deve lasciare la leadership a Beyoncé (entrambe sono brave); il cinico e disinvolto Jamie Foxx da venditore di automobili si trasforma in un impresario musicale e mette lo show e i dollari in testa alla sua hit parade esistenziale; un eccezionale Eddie Murphy combatte contro la droga, il declino, le mode; manager vecchio stile escono di campo; canzoni organiche e canzoni ogm; la musica che ha  venduto l'anima perdendola per sempre. Tutti gli stereotipi del backstage e dello stage degli intrecci ambientati nel mondo della musica sono affrontati in ordine alfabetico e senza immaginazione. Il regista Bill Condon (Demoni e Dei, Kinsey, ha scritto e non diretto Chicago) si  sforza di dare sostanza spettacolare e pathos ad  un genere nobile del cinema classico che soltanto Moulin Rouge! è riuscito a rendere palpitante e moderno.