12 i gradini per raggiungere le sale di "disinfestazione" dove venivano uccisi i prigionieri dei lager, 5 i forni dove i loro corpi venivano ridotti in cenere, 3 le persone che si occupavano del lavoro massacrante di svuotare le stanze piene di morti trasportati in barella, 20 i minuti necessari allo zyklon B per sopprimere ogni traccia di vita dai loro corpi: in Dov'è Auschwitz, il film documentario che Mimmo Calopresti ha realizzato in digitale, girando nei luoghi più famosi dell'Olocausto, nello scorso ottobre, reduci e addetti del museo che conserva reperti e ricostruzioni, forniscono ogni dettaglio con la apparente arrendevolezza di chi sa che l'unico modo di opporsi alla rimozione sia la conoscenza incondizionata e rigorosa della logica industriale della fabbrica dello sterminio. Il lager viene costruito per questo motivo presso un importante snodo ferroviario: si allungano i binari, si allestisce l'inganno delle docce finte, si prepara addirittura un comitato d'accoglienza per l'arrivo del primo convoglio degli ebrei italiani. Oggi, se si domanda a un passante dov'è Auschwitz, come fa la troupe del film, molti passanti non sanno rispondere, ma una volta sul posto la suggestione che danno le strutture e l'enormità del vuoto disegnato dai tralicci, dai casamenti e dalle baracche deserte, è pari a quella dei primi piani delle fotografie che i nazisti adottarono come contabilità della popolazione dei lager, prima di ricorrere alle cifre indelebili sul braccio. Calopresti, come nel primo grande documentario sull'argomento (Notti e nebbie, di Resnais), più che fare appello alla solennità e alla commozione della più grande tragedia del ‘900, sembra ritornare nel lager con l'occhio dell'archeologo assorto e muto, convinto che la civiltà della ferocia di quel monumento nasconda ancora un enigma inspiegabile. Ma inevitabilmente, prima o poi, la voce dei superstiti si spezza all'improvviso, gli studenti dei licei di Roma si guardano smarriti e l'umidità si leva in silenzio nel crepuscolo, tra le torrette e il filo spinato.