Paradossalmente quello che in apparenza è il tema forte de I tre stati della malinconia, quello che rimane in filigrana ma che viene subito estrapolato dai più abili quotidianisti per farne titoli a nove colonne, è sfondo. Quinta con nome e cognome che nell'atto di essere identificata porta alla contrizione e alle automatiche condoglianze del pubblico. Parliamo di quella guerra in Cecenia che i russi combattono pervicacemente (e se non fosse per l'immenso oleodotto di petrolio da tenere sotto controllo) da anni e che risbuca nelle pellicola finnica, proprio nei giorni di sanguinosi massacri. Perché non siamo di fronte a un documentario o ad un reality show (le immagini del famoso attentato ceceno ad un teatro di più di anno fa ci sono, ma si ripetono identiche, ridondanti, svuotate alla fine di senso) ma, come suggerisce la stessa regista Honkasalo, "ad una logica dei sogni alla quale i film di finzione offrono un sentiero naturale". Onirismo spinto, poetica dei silenzi e dell'incomunicabilità che si imbeve di reale e lo rielabora regalando emozioni fortissime, proprio come sa dare la sospensione di chi osserva e vive l'opera d'arte nell'atto del comporla. Nessun interesse per la verità, ma la creazione di fatti e persone (una scuola di giovanissimi cadetti russi, una Grozny abitata da sparuti fantasmi, una signora che aiuta i bimbi che non hanno più genitori e cibo) che stanno in una parte del mondo probabilmente sconosciuta, o troppo lontana, o che si ha semplicemente voglia di immaginare. E così l'ora e quaranta de I tre stati della malinconia è un solenne e vibrante fluttuare nell'inutilità di atti militari, nel dolore di bambini orfani e senza un futuro, nello strazio delle macerie di cemento, vetri e legname di una città distrutta, che sappiamo essere ceceni, russi, musulmani e cristiano ortodossi ma che diventano figure paradigmatiche dell'esposizione di un concetto, universale significato di ingiustizie, brutture, rabbia verso il diverso. Un po' quello che non riescono più a fare maestri esistenzialisti oramai in pensione o giovani loro allievi in costante declino, a passeggio nei prossimi giorni tra i canali del Lido.