Bastano quattro attori a fare un buon film? Oppure quattro sceneggiatori che affastellano dialoghi uno più imbarazzante dell'altro? O basta una bandiera sotto cui naviga, quella italiana, per farlo entrare in concorso? Ovunque sei, di Michele Placido, risponde e rilancia. No, i quattro non bastano. Si, un vessillo è sufficiente. Che desolazione. Michele Placido ha già iniziato pubblicamente la difesa sfruttando la tradizionale dicotomia tra critica e pubblico. Potrà anche accadere: fischi dai primi, applausi dai secondo. Ma il fatto, preoccupante, è che questo brutto film arriva in questa sezione per logiche che forse non sfuggono più e si becca, almeno alle due proiezioni per gli accreditati, una serie considerevole di reiterati sberleffi proprio nei luoghi più drammatici della vicenda e quelli che, secondo logica, dovrebbero essere i più inopportuni. Trattasi di una storia a metà tra il naturale - la prima parte, sicuramente la più interessante - e il sovrannaturale: Stefano Accorsi, addetto ad una ambulanza ed in crisi di coppia, muore con Violante Placido, una giovane volontaria che fa la prima esperienza proprio con lui, nell'incidente causato da una serie incrociata di telefonate al cellulare tra lui, la moglie (Barbora Bobulova) e l'amante (Stefano Dionisi), questi ultimi entrambi chirurghi nello stesso ospedale. Ma i due poveretti tardano a morire e si prolungano, non visti, nella vita (sorpresa che dovrebbe coglierci alla fine, ma così non accade). Il loro distacco dai vivi, interpretato come un'opportunità per sperimentare la libertà e dare un'occhiata furbetta alle reazioni di chi è rimasto a piangerli, è lento, progressivo, faticoso. Interrompere bruscamente un giovane e ben radicato sentimento d'amore è compito davvero arduo, e neanche la morte riesce a recidere forti legami al primo colpo. I dialoghi, però, cominciano subito ad annaspare, attirando, nei momenti più introspettivi (materiale invero tratto da alcuni lavori pirandelliani) non la riflessione dei presenti ma lo scherno. Imbarazzante. Tanto quanto l'essersi lasciati coinvolgere, dai parte di tutti, in questo guazzabuglio di parole, sulle quali trionfa, inaspettata e imbarazzante, l'ultima immagine: la coppia dei defunti, in nudo integrale, spossati nell'apoteosi del dopo amplesso. In sala si era spossati per altre ragioni.