Volgare e laido malavitoso, Bart (Bob Hoskins) riesce sempre a convincere i suoi rivali grazie a Danny (Jet Li), vera e propria macchina da combattimento, cresciuto in cattività e addestrato come un cane sin dalla tenera età. Basta un comando del suo padrone e Danny, inconsapevolmente fedele, uccide senza remore. L'incontro fortuito con un accordatore di pianoforti, il cieco Sam (Morgan Freeman), diventerà per Danny la molla per riprendere confidenza con la vita, i sapori e la musica. Accolto nella casa dove vive con la figliastra Victoria (Kerry Condon), Danny inizierà a ricordare qualcosa del suo passato. Ma Bart e i suoi scagnozzi torneranno sulle sue tracce. Sceneggiato da Luc Besson e diretto dal giovane Leterrier, già coregista di Corey Yuen per il dimenticabile The Transporter, questo Danny the Dog riesce a sintetizzare l'esplosione adrenalinica di combattimenti all'ultimo sangue - nei quali, come sempre, Jet Li furoreggia senza cedimenti - con la riscoperta di un'esistenza troppo a lungo negata. Ambientato a Glasgow, il film scorre sui binari paralleli di un doppio (e ugualmente "acquisito") rapporto filiale: il padre aguzzino (un Bob Hoskins straordinariamente cattivo) da una parte, il padre amorevole dall'altra per una visione dicotomica del mondo, sommerso e violento nella rappresentazione (altamente spettacolare) dei combattimenti clandestini, accogliente e luminoso in superficie, ovattato dalla magia della musica. La scoperta di un possibile contatto umano, l'epifania del trauma infantile da cui tutto ebbe inizio e la consapevolezza di poter finalmente eludere la morsa di un collare per troppi anni indossato diventano gli elementi chiave della rinascita del protagonista, un Jet Li convincente nella duplice caratterizzazione d'innocente, al contempo inaudita violenza. Superbe alcune sequenze (una su tutte: lo scambio di colpi in un metro quadrato fra Danny e il lottatore in bianco) e splendida la colonna sonora, interamente affidata alle sonorità dei Massive Attack.