24 marzo 1976: il generale Videla e i suoi loschi compari destituiscono Isabelita Peron e prendono il potere in Argentina. 24 marzo 1978: Claudio Tamburrini, brillante studente di filosofia e promettente portiere del San Lorenzo di Almagro, scappa dalla Mansion Serè, una delle tante ville della paura, della tortura, della repressione. Un miracolo riuscito a pochi di quelle decine di migliaia di desaparecidos, generazione di fenomeni sterminata con scientifica crudeltà. Una storia raccontata nel libro Pase libre: la fuga de le Mansion Serè che Israel Adrian Caetano ha ripreso per il cinema in Cronaca di una fuga - Buenos Aires '77, film dolente e potente che ci fa entrare nelle viscere più profonde e oscure di un regime vergognoso e genocida. Tamburrini (ora professore di filosofia in Svezia, che gli ha dato asilo) giocava per il mitico San Lorenzo, barrio di Buenos Aires, squadra proletaria per storia e spirito (non a caso in quei maledetti 7 anni molti suoi giocatori sparirono). Caro dev'essergli costato proprio indossare quella maglia e leggere troppo. Il suo viso, sul grande schermo, è quello, straordinario per lineamenti ed intensità, di Rodrigo de la Serna, già apprezzatissimo Alberto Granado ne I diari della motocicletta. La sua interpretazione magistrale e la regia originale, claustrofobica, incessante ci porta in un girone infernale popolato da innocenti, i cui aguzzini sono mediocri e squallidi burocrati del terrorismo di stato. Senza sensazionalismi né retorica seguiamo il destino di un gruppo di prigionieri, proviamo sulla loro pelle la follia paranoica di un regime, la banalità del Male assoluto, quello pianificato e strutturato delle soluzioni finali. Il tutto inserito nel più classico, ma mai banale, schema del cinema carcerario e di denuncia, senza scorciatoie. Il cast è un'orchestra di interpretazioni sofferte e intensissime, la sceneggiatura un glossario dell'ingiustizia: dai tradimenti di chi viene spezzato o costretto a fare scelte impossibili (la mamma "venderà" Claudio per salvarne la sorella) al lacerante destino delle vittime, colpevoli prima di voler cambiare il mondo, poi di voler sopravvivere. Un film poetico, arrabbiato, commosso e commovente: come la scena in cucina, in cui un suicida tentativo di rivolta svanisce al gol dell'Argentina (che avrebbe vinto di lì a pochi mesi i mondiali), che unisce sanguinari e sanguinanti in un'unica esultanza. Inevitabile ma grottesca e straziante.