Cosimo (Riccardo Scamarcio) è italiano, Nicole (Clara Ponsot) francese, ma si trovano a metà. Genova, il G8 2001, uno sguardo per innamorarsi, una ferita alla testa (Nicole) di cui prendersi cura. Non si lasciano più, amore, sesso, passione. Dopo la Francia, tornano a Genova, e lavorano per un amico (Paolo Sassanelli) che organizza concerti. Tutto bene, ma un ragazzo immigrato clandestinamente dalla Guinea, Alioune (Souleymane Sow), cade dall'impalcatura che sta allestendo con Cosimo: agonizzante, forse morto, viene abbandonato da Paolo, Cosimo e Nicole. Cosimo viene promosso a fonico, ma soprattutto in Nicole il senso di colpa per Alioune monta…
E' Cosimo e Nicole di Francesco Amato, prodotto da Cattleya e Rai Cinema, in Concorso alle Prospettive Italia del Festival di Roma. Scritto dal regista con Giuliano Miniati e Daniela Gambaro, proprio nella sceneggiatura ha i difetti più evidenti: seppur abbastanza citofonato, l'amour fou di Cosimo e Nicole sta ancora in piedi grazie alle discrete prove di Scamarcio e la bella Ponsot,  ma quando il gioco si fa duro (G8, morti bianche, immigrazione), il film, un dramedy, gioca male, alzando i toni e perdendo in verosimiglianza, presa sul reale.
Incongrue palafitte sul mare genovese, battute inconsulte (Cosimo che chiede ad Alioune l'evidenza: “Ah, dall'Africa…”, e via dicendo), coincidenze molto sospette e, in definitiva, un cattivo servizio a quanto sostiene Nicole: più o meno, “se ti comporti male trovi un lavoro, se aiuti un migrante finisci in galera”. In altre parole, il passo è più lungo della gamba: va bene scegliere una storia d'amore per palati giovani e giovanissimi al fine di “veicolare” la denuncia, ma servirebbe più radicalità, più serietà, più cinema. Regia fresca e dignitosa, con qualche apprezzabile guizzo (le scene di sesso, i concerti), per Francesco Amato, ma il problema è alle spalle: la sceneggiatura.