Il tema dei migranti, da tempo centrale all’interno della scena cinematografica internazionale, si sta imponendo anche in seno alla nostra produzione.

Sollecitati dalla realtà molti registi hanno puntato l’obiettivo verso chi viene da molto lontano raccontandone drammi, cambiamenti, riuscite integrazioni.

Si confronta con l’argomento anche Albanese, al quale va riconosciuto il merito di partire da un punto di vista originale, come si addice a un autore fuori dagli schemi quale è. Cosa succederebbe se ogni cittadino si facesse carico di ciò che lo stato non sembra in grado di fare, cioè riportare a casa un migrante?

Chiaro che Contromano si giochi sul paradosso, benché la vicenda del commerciante di biancheria che sente puzza di fallimento perché di fronte al suo negozio un giovane africano vende calzini a poche lire, di paradossale non abbia nulla.

Una posizione, piuttosto, in linea con l’aria che tira. Che poi il viaggio verso l’Africa si riveli un’importante scoperta di culture e saperi diversi, era fin troppo facile immaginarlo.

Originale finché sfodera una certa cattiveria nutrita di luoghi comuni e razzismo a doppia faccia (italiano vs. immigrato e viceversa), il film scivola in un finale buonista al quale si poteva forse trovare una soluzione meno scontata.