Cristian Mungiu torna al festival di Cannes dopo aver vinto la Palma d'Oro, due anni orsono, con 4 Mesi, 3 settimane, 2 giorni. L'occasione viene dal progetto di film collettivo Conte de l'age d'or. Cinque episodi ambientati nel periodo della dittatura di Ceausescu, girati da quattro registi rumeni emergenti (Hanno Hofner, Razvan Marculescu, Constantin Popescu, Ioana Uricaru) e dallo stesso Mungiu. Prima di tutto il film è realmente collettivo. C'è un supervisionatore, Mungiu, e la paternità/maternità non si divide episodio per episodio con singole regie ma ha una fonte comune e condivisa: il gruppo. I cinque tasselli raccontano di altrettante leggende metropolitane (quella della visita ufficiale, del mercante d'aria, del poliziotto affamato, della fotografia sbagliata, del ladro di polli): squarci di normalità quotidiana rumena sotto il cappello ingombrante e pesante del partito comunista diventato stato-padrone e deriva dittatoriale. Il tono è da commedia, tinto qua e là da pennellate di pindarico non sense che ricorda le zingarate alla Amici miei (esemplare l'episodio del mercante d'aria con la gag/scherzo che spinge i due protagonisti a raccogliere aria malsana in bottiglia per poi analizzarla in laboratorio). L'ipotesi stilistica è di un pacato neorealismo, senza troppo scuotimento di macchina da presa. Con un preciso intento di fondo: esorcizzare miserie e arretratezze di un paese impossibilitato a esprimersi in libertà, quindi costretto a modalità buffe e deliranti di sopravvivenza. Si pensi allo sketch più "familiare", dove un maturo poliziotto per festeggiare degnamente il natale, e visti i magazzini vuoti, riesce a farsi portare da un parente un maiale vivo. Per non far capire al vicinato che sta compiendo assieme a moglie e figlio un gesto illegale, non sgozza l'animale con un coltello, ma lo rinchiude ermeticamente nel cucinotto uccidendolo con una volontaria fuga di gas. L'esito dell'operazione non darà però i risultati sperati. L'importante per il collettivo di registi, qui come nelle altre quattro parti, è di rendere fatiscente e obsoleta sia la struttura legislativa, culturale e politica che governa il paese, sia le reazioni ad essa messe in pratica dalla gente comune. In questo sguardo a 360 gradi sulla popolazione rumena dell'epoca di Ceausescu, appoggiato a uno sfondo di caseggiati tutti uguali, di Carpazi imbiancati e di pauperismo materialmente diffuso, emerge uno spirito d'osservazione piuttosto umanizzante, che salva le nuove generazioni e rende un po' più idiote e riverenti quelle attempate. I titoli di testa e ogni presentazione di capitolo avvengono con stacchi animati lungo le ringhiere e le scale di uno sgangherato condominio.