Primo ed unico film italiano in concorso a Cannes, Le conseguenze dell'amore di Paolo Sorrentino non delude le aspettative, almeno per quelli che già avevano apprezzato il regista napoletano all'opera ne L'uomo in più (in concorso a Venezia in "Cinema del Presente"). Se ieri nella sezione di "Un Certain Regard", il ridicolo film di Lea Fazier (Benvenuti in Svizzera) ci aveva regalato un contesto elvetico altamente imbarazzante, Sorrentino da buon cinefilo che ama Kieslowski e che adora scrivere fino all'ultima virgola tutti i suoi script, si addentra in una stanza di un lussuoso albergo di una imprecisata località svizzero-italiana, dove da otto anni è nascosto(?) Titta Di Girolamo, misterioso ed elegante uomo che possiamo solo dire (il film uscirà a settembre in Italia) maneggia con cura valigie piene di dollari e si rifugia in un inespugnabile silenzio. Sarà una bellissima ragazza a fargli mutare, irreparabilmente, la direzione della vita. Con una prima mezz'ora che spiazza, quasi ricordando il dialogare di alcuni film di Resnais e gli scarti legnosi della macchina da presa di Buñuel, Sorrentino insinua il dubbio, distilla rare certezze sul passato dei personaggi e continua a tessere, incessantemente, la tela che dopo un'ora lascia incollati allo schermo. Perché Sorrentino sa mescolare la classica richiesta dello spettatore del "come andrà a finire" ad una ricerca di linguaggio cinematografico che a forza di ricercargli padrini (e questo è forse un errore di chi fa critica) si finisce per non trovarne nessuno se non l'autore stesso. Così la mafia de Le conseguenze dell'amore diventa una seriosa burla e la caduta libera del protagonista una strana e machissima dialettica sull'integrità di valori amicali. Tutta farina del sacco di Sorrentino, di una cifra stilistica da cineasta già maturo, che ama parlare poco cercando di districarsi dalle eccessive richieste di spiegazioni sul suo film: "Ho l'impressione di aver svelato pochi particolari della storia nel film, in termini narrativi non amo lasciar domande senza risposte e non voglio passare per uno che non sa spiegare quello che mostra - dice il regista - tra l'altro ho avuto anche molta difficoltà a trovare il titolo". Infine, un plauso a Toni Servillo, oramai feticcio sorrentiniano, e all'affascinante Olivia Magnani (nipote di Anna) sguardo magnetico e presenza conturbante, che si trascina dietro i riflessi di uno specchio i languidi sguardi di Servillo e del pubblico tutto.