Peter Biskind scrisse alcuni anni fa un fondamentale testo sulla genesi e l'evoluzione del cinema indipendente americano, Down and Dirty Pictures, panoramica sulla produzione lontana, almeno apparentemente, dalle major, salvo poi scoprire che oggi gli indies lavorano tutti sotto l'egida delle grandi compagnie, dalla Weinstein Company alla Fox Searchlight. Quell'idea artistica che fu di John Cassavetes è andata corrompendosi fino a essere un surrogato della produzione mainstream. C'era una volta un'estate subisce non poco questo concetto aspirazionale. Racconto di formazione, che narra la breve estate di un adolescente in una località balneare della East Coast, dove troverà un mentore, un amore e se stesso, offre il destro per riflettere sul futuro stesso dell'indie americano, pericolosamente standardizzato, ma capace di opere dignitose. Nel cast Toni Colette e Steve Carell, un bravo ragazzino problematico e il filosofo sopra le righe gestore di un parco acquatico interpretato da Sam Rockwell. I 100' scivolano via, ma la sensazione è di un movimento che non ha più molto da dire: troppo preoccupato a farsi notare dalla grande produzione per osare qualcosa di nuovo. D'altronde, gli indies di una volta adesso dirigono Marvel Movies.