Tempo fa, non molto, era davvero cattivissimo. Gru, con quel nasone appuntito, le sue dita affusolate come spilli, le spallone larghe da boss, basamento per una immancabile sciarpa avvoltolata attorno al collo larghissimo, come la sua cattiveria, e un cipiglio sempre sull’orlo della tempesta, si è però convertito: vuoi per la presenza terremotante nella sua vita di tre frugolette – Margo, Edit e Agnes – vuoi per l’affetto, diventato amore vero, della madre di loro, Lucy, che ha felicemente sposato, è una spia abilissima e conserva una perfetta forma fisica, un poco invidiata, certo.

Addirittura lo ricordiamo iscritto, già nel capitolo 2, alla Lega segreta che combatte i cattivi di tutto il mondo. Un fallimento, però, ora lo fa brutalmente espellere da questo consesso per lui un punto irrinunciabile di approdo e di stabilità. Eppure Gru non si volge contro la bontà che ha scelto, anzi, finalmente coglie la dolorosa occasione per decidere di condurre una vita assai più tranquilla. Creando non proprio il panico, ma quasi, tra i suoi adorati Minions, che si ribellano e lo ripudiano, iniziando a peregrinare alla ricerca di un nuovo, vero cattivissimo padrone. E di cibo, come sempre. Adorabili loro, con quella neo-lingua che ti fa solo intuire di cosa stanno parlando, ma molto di quello che pensano e vogliono.

Se il cattivo, però, non è Gru, un cattivo ci deve essere: eccolo, arriva diritto diritto dalla televisione: negli anni ’80 il suo personaggio era amato, nei nostri ormai dimenticato e irriso. E allora Balthazar Bratt si vendica: contro i colleghi, contro i simulacri di bontà, contro chi gli ha fatto torti e ancora gli mette i bastoni fra le ruote. E contro Hollywood, ça va sans dire, quel cinema che rimane il simbolo del potere e dell’ingordigia e aveva all’epoca cancellato il suo show. La sua arma è una appiccicosa gomma americana che si gonfia, si gonfia. Mentre lui ama il rock e si muove flessuoso come un ballerino, minacciando e creando scompigli a non finire.

La grandissima novità, questa volta, è che della sua vita Gru riscopre le origini piuttosto misteriose, e soprattutto che non era affatto solo, prima che i genitori si dividessero. Perché facendolo, s’erano divisi anche la prole. Il pargoletto Gru con la mamma, e col babbo… Dru. “Nel primo film – racconta Chris Meledandri che produce la serie per l’ormai mitica Illumination – Gru scopriva che cosa vuol dire essere un genitore e come questo comporti un amore senza condizioni. Nel secondo seguiamo Gru che si innamora. Ora si inizia con Gru nel pieno di una crisi di identità perché si ritrova disoccupato, scoprendo pure una inaspettata rivalità familiare”.

 

La presenza del doppio di Gru, che ha biondissima e folta chioma, parlantina incontenibile, è flessuoso e così charming, veste di bianco e vive in un faraonico palazzo, circondato da lusso, macchine e gadget bellici creati dal babbo, innesca una sorta di competizione che diventa una sfida, mettendo in serio pericolo la relazione tra i due gemelli, incapaci di collaborare davvero. Ma ci sono anche una serie di nuovi, deliziosi personaggi, nel film diretto da Pierre Coffin e Kyle Balda, cui si aggiunge Eric Guillon, per confermare come il lavoro di squadra sia indispensabile. La mamma di Gru, che si sollazza in piscina in stile romano con due fusti italiani alti tre volte lei, ha nell’edizione originale la voce di Julie Andrews.

Le attenzioni maggiori, e le simpatie, sono anche questa volta per la tribù dei Minions: strepitosa la loro partecipazione a un talent show televisivo, che naturalmente vincono senza volerlo, e la loro trasformazione, mentre trascorrono annoiati e sconsolati in prigione i loro giorni, a veri tipi tosti, capaci di sottomettere e terrorizzare i più incalliti dei delinquenti. Però, se l’antico padrone chiama, bene, anche per loro il primo amore non si scorda mai!