Becca e Jake s'incontrano al tavolo d'un bar: lei cameriera legata a doppio filo al fidanzato invalido, lui architetto prossimo alle nozze, fresco di lutto paterno, nel bel mezzo d'un repulisti esistenziale; l'affinità elettiva esploderà presto in un'irrefrenabile passione, sconvolgendo le vite dei due amanti.
L'opera prima di Sallie Aprahamian - esordiente al cinema, ma forte di un'esperienza più che decennale nella produzione per la tv - prova a sparigliare le carte mescolando la commedia romantica con il dramma familiare, puntando tutto sull'emozione senza per questo ricorrere ai colpi bassi dello psicologismo. Sallie Aprahamian ritrae due protagonisti bloccati dalle responsabilità accumulate lungo vite segnate da relazioni difficili: entrambi si negano il diritto ad una propria autonomia fino a che il reciproco incontro sembra aprire la via ad una vera e legittima felicità. I temi che sceneggiatura e regia tentano di sviluppare sono vari e importanti: dalla relazione con la sofferenza altrui alla libera gestione degli affetti, dall'elaborazione del passato al perdono verso gli altri e verso se stessi. La mano della regista però non sembra in grado di orchestrare più d'una messa in scena funzionale, e la sceneggiatura mostra tutti i propri limiti lasciando che la carne del film viva tutta negli incerti, troppo vaghi dialoghi.
Sallie Aprahamian resta capace di narrare con una sua originalità, ma senza affondare gli occhi e le mani nel petto e nella testa dei suoi protagonisti, che - anche a causa di un cast non sempre concentrato - passano dal riso al pianto, dalla morte all'amore, dalla disperazione alla speranza senza mai increspare la superficie dello schermo.