Dopo le note oscure di Noctunal Animals la musica in concorso si fa ancora più dura e terrificante. In scena Brimstone, curioso mélange di generi comprendente horror, western, revenge movie e melodramma come vuole una delle tendenze forti di Venezia 73. Dietro la macchina da presa l'olandese Martin Koolhoven, di fronte il Bene e il Male nelle sembianze dell'eroica Dakota Fanning e del cattivissimo Guy Pearce.

Siamo in America, nel West più cupo che si possa immaginare, dove nemmeno le parole degli uomini di fede portano conforto. Il folle predicatore senza nome è ossessionato dalla colpa, quella che vede in tutti gli esseri umani e in particolare in fondo all'anima della giovane Liz, senza per nulla prevedere forme di perdono. Del resto come perdonare una donna che si è macchiata del peccato peggiore, cioè affrancarsi dal potere maschile? La lotta sarà spietata e senza esclusione di colpi, fino allo scontro finale.

Diviso in quattro capitoli - Apocalisse, Esodo, Genesi e Castigo -, il film ripercorre il continuo rincorrersi  dei protagonisti senza seguire un ordine temporale logico, giocando di continui rimandi pur di dilatare lo show down finale in cui tutto finalmente apparirà chiaro. Soprattutto il perché di tanto odio da parte del predicatore. Ma è a questo punto che il regista si permette l'ultimo ribaltamento, regalando un tributo in puro stile melodrammatico  alla sua eroina. Se il futuro è delle donne, la loro forza ha radici profonde che pescano di sicuro anche nelle terre del lontano West.