“Arkansas. Land of Opportunities”. Jared è un diciottenne, figlio di un pastore battista e di una madre devota. Perfettamente integrato, anche lui, in quel tessuto così rispettoso dei sani valori americani. “Integerrimo”, per dirla con le parole del padre.

Basta poco, però, per rischiare di venire emarginato da tutto questo, in primis dalla famiglia, poi dalla comunità, infine dalla chiesa stessa. Basta rivelare di “sentirsi attratto dagli uomini”.

Ma Jared non ha nulla da temere, sta a lui scegliere in fondo. Se davvero vuole “cambiare”, le porte del centro “Love in Action”, programma “Rifugio”, sono aperte.

Benvenuti nel mondo delle terapie di “conversione”, tuttora operative in numerose località statunitensi, centri portati alla ribalta dal memoir di Garrard Conley, da cui il secondo film da regista di Joel Edgerton è tratto.

“Il pregiudizio, sia che tu lo eserciti o che ne sia la vittima, danneggia sempre tutti”.

Boy Erased ha il grande merito di farci entrare in questa sorta di “cura Ludovico” aberrante e antistorica, di mostrarne il lato più ipocrita e subdolo (“non si parla della terapia al di fuori della terapia”), di portare in superficie – ancora, qualora ce ne fosse bisogno – l’ignoranza delle persone nel pensare di poter “modificare” un essere umano partendo dal presupposto che si tratti di un “modo” di essere, di un atteggiamento, di una “scelta”, e ci ricorda che molto spesso questa convinzione nasce prima di tutto all’interno delle stesse mura domestiche.

 

Joel Edgerton – che nel film si ritaglia il ruolo di Viktor Sykes, ex-gay e terapeuta a Love in Action – confeziona un film importante, elastico nell’andamento (scopriamo la storia del protagonista che precede il “rehab” attraverso vari salti temporali), fortunatamente mai esasperato ma sin troppo canonico nella resa e debitore forse di modelli che il suo regista conosce alla perfezione (leggasi il cinema di Jeff Nichols, per il quale ha interpretato Midnight Special e Loving).

Si affida, anche giustamente, al peso specifico (e non solo) dei suoi interpreti, con papà Russell Crowe e mamma Nicole Kidman (australiani come il regista stesso) chiamati ad una contro-conversione progressiva e inevitabile, più difficoltosa per il primo, con il giovane Lucas Hedges letteralmente intrappolato in un limbo.

Ecco, Boy Erased è film manifesto di un percorso doloroso e al tempo stesso capace di portare alla consapevolezza. All’autodeterminazione. Ed è un percorso che il film sottolinea in maniera “perfetta”, però schematica. Oseremmo dire consolatoria, con tanto di “poster” finale a suggellarne il buon esito.