Siamo al culmine degli anni di piombo, in quel sanguinoso agosto del 1980 alla stazione centrale di Bologna, là dove si consuma la più efferata strage terroristica dal dopoguerra in poi. Il film ripercorre l'atmosfera surriscaldata di quegli anni, ricostruendo il contesto entro cui matura il gruppo dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), falange armata degli attivisti di estrema destra, dissociatasi dall'azione parlamentare dell'MSI e dedita, essenzialmente, alla destabilizzazione e alla lotta contro lo Stato democratico.
Seguendo passo per passo le imprese di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro (esponenti di spicco dei NAR, nel film celati da pseudonimi), i due registi Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio tentano di ricostruire il retroscena di uno dei grandi misteri della recente storia italiana, documentando l'ampia rete di collusioni fra i gruppi armati di destra e la malavita organizzata romana, i servizi segreti deviati e le logge massoniche. Il progetto è ambizioso e vorrebbe muoversi secondo un modello che si rifà al cinema nostrano di denuncia degli anni 70, come quello di Francesco Rosi.
I risultati, tuttavia, non sono all'altezza delle premesse per diversi fattori: una sceneggiatura gracile da un lato, tallone d'Achille di parecchio cinema italiano odierno, che banalizza situazioni complesse con dialoghi non sempre all'altezza, e una recitazione legnosa e inadeguata del cast, soprattutto quello più giovane; sprecati, infine, i pur buoni e televisivi Flaherty e Biagini. D'altro canto, se pure la regia mostra notevoli intuizioni nella ricerca di inquadrature “come se ne faceva una volta”, spesso il taglio fin troppo televisivo di certe soluzioni inficia il quadro generale. Altro tasto dolente è la colonna sonora, invasiva e decisamente poco azzeccata. Peccato per il risultato, perché il tema, che ci riguarda ancora da vicino, avrebbe meritato ben altra profondità e forza espressiva.