Per primo ci prova Finn (Sam Spruell). Il fratello della strega cattiva. L'imparruccato e butterato tirapiedi della sovrana. Lo sfrontato che osa allungare le mani sul petto della mite donzella e si becca un chiodo in faccia.
Poi è il turno di William (Sam Claflin). Non il principe, il duca. L'efebico arciere la insegue per mari e per monti, a piedi e a cavallo. La raggiunge, ma lei muore (per poco).
La bacia il rozzo e macrosomico cacciatore del titolo, Eric. L'uomo dal cervello ipoplastico (Chris Hemsworth). Le sue labbra sfiorano quelle di lei. Che dorme però, narcotizzata dalla mela avvelenata.
La vuole fortissimamente l'altra superstite (insieme alla protagonista e ai sette nani) della fiaba dei Grimm, la regina cattiva (Charlize Theron). Anch'ella cerca il suo cuore senza trovarlo.
Del resto, pure chi lo possiede è inafferrabile. Per tutto il film corre, fugge, scivola via.
E' impalpabile questa seconda Biancaneve su grande schermo dopo quella - con meno licenze ma più libertà - firmata di recente da Tarsem Singh. Biancaneve e il cacciatore recita il titolo, e tanto la congiunzione quanto ciò che la segue non sono aggiunte gratuite. Perché questa eroina è “preda”: dall'inizio alla fine. E' l'oggetto del desiderio svuotato di ogni promessa sensuale. Non fosse altro che a interpretarla c'è la leptosomica Kristen Stewart, al solito emozionante come una pentola in acciaio Inox. Ma la sua scelta appare meno peregrina se volevano farne una figura in ceralacca della primavera e della rigenerazione, un personaggio più iconico che empatico. Molto più umana nella sua dannata lotta per non invecchiare e morire è la strega, che la Theron arricchisce di sfumature tragiche e commovente mortalità. Charlize sì che è capace di sedurre e ammazzare con lo sguardo. Di annientare solo scoprendo una spalla. Immersa in un vischioso e lattiginoso brodo primordiale, lei è vita. Ancora disperatamente analogica.
Rupert Sanders, che nelle mani aveva uno script con più di uno spunto interessante, ci ha però capito poco. Questa Biancaneve - che poteva diventare una feroce e moderna distopia cosmetica, una anti-fiaba horror e un trono di sangue tutto al femminile - sfugge anche a lui. Il talento c'è e si vede soprattutto quando deve inventare, creare ex novo un mondo fantastico. Ma gli manca polso ed equilibrio poetico. Il film è molto dark all'inizio, poi diventa Robin Hood, Alice nel Paese delle Meraviglie e infine Twilight. Si sfilaccia e si siede nella lunga e faticosa attesa che lo scontro dall'esito già scritto avvenga: la diva digitale contro quella analogica. Vincerà la più giovane, probabilmente non la più bella, di certo non la più brava.