Dal dolore individuale al dolore condiviso. E' il lungo percorso che dovranno affrontare una madre e un figlio dopo l'inaspettata morte del rispettivamente marito e padre.

La storia di Behold my heart, film diretto da Joshua Leonard, è innanzitutto quella del rapporto tra un genitore e un figlio in seguito a una grande tragedia che li accomuna: la perdita di una persona cara.

Un dolore che anziché essere condiviso diventerà talmente interiorizzato e privato da farli allontanare l'uno dall'altro, facendoli diventare vittime della propria sofferenza inascoltata.

Subito dopo la morte del padre (Timothy Olyphant) il figlio adolescente Marcus (Charlie Plummer) si troverà a sostenere la madre (interpretata dalla bravissima Marisa Tomei) che per dimenticare e non affrontare la sofferenza ha iniziato a bere, attaccandosi alla bottiglia di vodka e chiudendosi in se stessa.

Marcus sarà così costretto a nascondere il suo dolore e a trasformarsi nell'uomo di casa, pulendo piatti sporchi da una settimana e cercando di accudire una madre che non si alza dal letto, non paga le bollette, va in giro barcollando con i capelli scapigliati facendolo vergognare di fronte ai suoi amici e vomita nella tazza del cesso.

Una responsabilità un po' troppo grande per un ragazzo che ha appena perso il padre e che sta nel pieno di un'età difficile come quella dell'adolescenza. E infatti non regge. Proprio nel momento in cui la madre sembra rinsavire decidendo di andare a farsi curare in un centro alcolisti anonimi, il figlio reagirà a tutto questo chiudendosi in se stesso, difendendosi dal mondo e rifugiandosi nel bosco lontano da tutti, ma soprattutto lontano da lei.

Isolamento o condivisione? Leonard riflette su come ognuno di noi vive il dolore subito dopo una morte improvvisa. Lo fa con semplicità, forse a volte un po' troppo visto che è un film per ragazzi, ma senza cadere nel patetico e nello struggente.

Non giudica mai i suoi personaggi e ci fa vivere attraverso vari flashback la mancanza di una persona cara. Ne deriva un romanzo di formazione ben fatto e ben interpretato che riflette non solo su cosa significa "prendersi cura" dell'altro. Ma, sottolineando che la strada più breve per affrontare la vita è un'utopia, medita su come si supera il dolore dopo una morte improvvisa riprendendo in mano le redini della propria vita. E senza dubbio è più facile abbracciandosi che distanziandosi.