L’asso del cielo, l’eterno top gun, Tom Cruise vola alto e continua a sfidare l’età a colpi di missioni impossibili. Il giubbotto di pelle e la moto da ragazzaccio appartengono ai tempi goliardici di Maverick e compagni, mentre gli occhiali a specchio rimangono un classico intramontabile. Oltre a Scientology e alle presunte tirannie sui set, Cruise rimane un sempreverde del cinema d’azione, e questa volta interpreta Barry Seal, un pilota realmente esistito sempre sospeso tra la legge e il narcotraffico.

Siamo nel 1979, quando l’America comincia a conoscere la crisi economica e Carter proietta il Paese in una spirale di scarso ottimismo. La crisi di fiducia colpisce tutti i livelli della società, e l’unica salvezza sembra essere la cavalcata liberista che porterà Reagan alla Casa Bianca. Barry Seal – Una storia americana distrugge ogni tipo di sogno, e sembra quasi suggerire che l’uomo comune debba abbracciare la criminalità per autodeterminarsi. È la storia dell’Henry Hill di Quei bravi ragazzi o dell’Irving Rosenfeld di American Hustle, mascalzoni in giacca e cravatta dal futuro oscuro, che vivono il presente in adorazione di montagne di banconote.

I soldi sono i veri protagonisti di Barry Seal – Una storia americana. Seal non sa più dove nasconderli. Li chiude nel magazzino, in mezzo ai trucchi della moglie e sotto il letto, scava fosse in giardino e occulta borsoni stracolmi in ogni anfratto della sua reggia, ma non sono mai abbastanza. Il capitalismo si incarna nell’ambizione sfrenata, nell’incapacità di comprendere quando la stiva è troppo piena per chiudersi.

 

L’attore Ronald Reagan entra nello Studio Ovale, e oltre ai tagli fiscali e alla rinascita made in America, arrivano le manovre sottobanco contro i Sandinisti e lo scandalo Irangate. Seal si destreggia tra il cartello di Medellín e la Cia, traffica polvere bianca e scatta foto da urlo per i servizi segreti. Doppio, triplo e anche quadruplo gioco: l’Ethan Hunt – Cruise si scopre antieroe, nemico della patria e paladino dei propri interessi. La bella vita non si ottiene con il sudore, ma con le rotte secondarie dove Fbi e Dea non possono vedere.

L’eccentrico Barry Seal deve piegare la testa davanti ai poteri forti, che con una mano lo puniscono e con l’altra gli evitano la galera. Il confine tra legalità e profitto a qualunque costo è poco più di una linea sulla cartina, e l’America perde la sua aura magica, mentre la cocaina piove dalle nuvole. Cruise inganna la platea con i suoi sorrisi magnetici, e a tratti il nemico si trasforma nel vicino di casa che tutti vorremmo avere. Il regista Doug Liman assolve il suo personaggio, e a più riprese si chiede se la reale minaccia sia il Governo o chi approfitta degli intrighi di palazzo.

A cospirare nell’ombra (o forse alla luce del sole), troviamo anche l’onnipresente Pablo Escobar, un fenomeno pop che spazia dal piccolo al grande schermo. Dalla serie televisiva Narcos all’imminente Loving Pablo, la ferocia di Escobar ha rapito attori come Benicio del Toro e Javier Bardem. Ed è subito record di ascolti. Il vilain è il nuovo principe azzurro, la rivoluzione è alle porte.