L'inferno della guerra non è del tutto scomparso: il sapore dell'odio e la prostrazione di un popolo (due milioni di persone scomparse in vent'anni) sono immediatamente visibili in Piccoli ladri, gioiello e seconda opera, dopo Il giorno in cui sono diventata donna, di Marziyeh Meshkini, moglie e allieva di Mohsen Makhmalbaf. Prima di tutto perché siamo in Afghanistan e venticinque anni di violenze e martirio - di qualunque colore e natura siano stati ' richiederanno un tempo più che doppio per estinguere la loro compulsiva, devastante memoria. Poi perché - lo sappiamo bene -, è la gente inerme quella che soffre di più. Sono due bambini, fratello e sorellina, dalla bellezza selvaggia e dall'innocenza indomita - ricordiamone i veri nomi, Gol Ghoti e Zahed -, i "ladri" del film, che salvano all'inizio un cucciolo, "degli americani o dei russi" non fa differenza. Due bambini che fanno una vita simile a quella del loro nuovo amico a quattro zampe. Combattono il freddo, la fame, l'assenza dei genitori, la mancanza di un tetto, la legge, l'indifferenza, l'egoismo, l'autodifesa altrui che diventa offesa reciproca. Desiderano soltanto rubare per essere arrestati e finire per questo in prigione con la madre, vittima di una legislazione pesante, e dormire al suo fianco, scaldarsi e cibarsi con lei. Assaporare amore e protezione. E' struggente il loro errare tra buoni e cattivi, tra grandi e piccoli, tra uomini e bestie, tra soldati e civili, con un'arte dell'arrangiarsi che è davvero un'arte. E' struggente sapere che nella realtà, sono veramente così, vivono veramente così. In centinaia. Con Marziyeh Meshkini siamo oltre al neo-realismo (anche se viene funzionalmente citato Ladri di biciclette di De Sica) perché è una realtà non ricostruita anche se scritta in una sceneggiatura. Siamo anche dalle parti del fiero, mai lacrimevole, esempio di cinema iraniano che addotta storie minime e popolari per raccontare e tramandare. Se anche lo fa con manierismo, esso è diventato una nobile caratteristica e una cifra indiscussa di valore stilistico.