Non per gloria, ma per amore. La vittoria ai giochi olimpici indetti dal re greco Stressikos significa una cosa sola per il Gallo Alafolix e per l'erede di Cesare, Bruto: convolare a nozze con la bella principessa Irina. Fragilino il primo, debosciato il secondo, nessuno dei due può seriamente pensare di farcela. Ma l'intervento di Asterix e Obelix da una parte, e il ricorso ad ogni genere di scorrettezza dall'altra, sbaraglieranno uno ad uno i concorrenti trasformando la competizione in una partita a due. Per il terzo adattamento cinematografico del fumetto di Goscinny e Uderzo, Thomas Langmann - produttore e regista insieme a Forestier - ha scelto l'album "più visivo e spettacolare" nel tentativo di coniugare l'appeal dei personaggi alla magnificenza del kolossal, la passione sportiva ai toni della commedia. Salvo poi dimenticarsi di dare coerenza all'insieme e un'anima al progetto. Così Asterix alle olimpiadi - il film record del cinema francese con i suoi quasi 80 milioni di euro di budget - si rivela un innocuo contenitore di gag e parodie spuntate, degne del burlesque. Il desiderio di realizzare un prodotto che potesse andar bene per molti - piccoli, grandi e aficionados della saga - finisce per scontentare tutti, con un canovaccio indeciso tra l'ironia bonaria, la comicità triviale e il gioco cinefilo dei rimandi (Cyrano, Spartacus, Ben Hur, tra i tanti). La narrazione viaggia su un triplo binario - la tenzone amorosa per conquistare Irina, il complesso edipico nella relazione tra Bruto e Cesare, la sfida olimpica - ma deraglia indecisa su quale seguire fino in fondo. Che si tratti poi di una direzione a quattro mani è difficile crederlo: la regia latita, le idee scarseggiano, il cast sprecato. Alain Delon che prende in giro se stesso e i propri trascorsi cinematografici (da Rocco e i suoi fratelli a Il Gattopardo