Non sappiamo nulla di lui, solo che si chiama Overgård (grazie alla targhetta sul giaccone). Per il resto, lo troviamo nel nulla di una distesa artica, con un aereo precipitato e un’enorme scritta “S O S” ricavata scavando chissà da quanti giorni su quella neve indurita e inospitale.

Si ciba di pesce crudo e a scadenze regolari tenta di mandare dei segnali con un apparecchio radio. Fino a quando, finalmente, un elicottero non arriva per trarlo in salvo. Ma le terribili condizioni atmosferiche lo fanno precipitare prima dell’atterraggio. Il pilota muore, la copilota (Maria Thelma Smáradóttir) sopravvive ma con una tremenda ferita all’addome.

E l’uomo, che fino a quel momento si era preoccupato “solamente” di sopravvivere, cercherà di fare di tutto affinché quella donna non muoia. E per farlo, bisogna abbandonare quel luogo.

Non è facile concepire un survival-movie differente da quelli già visti fino ad oggi. Joe Penna tenta l’impossibile e per farlo si affida ad un attore, Mads Mikkelsen, al quale non servono chissà quali dialoghi per far pesare la propria presenza sullo schermo.

 

Il film, in fondo, è tutto lì: senza grossi colpi di scena (a parte l’incontro ravvicinato con un enorme orso bianco o la comparsa di una vetta non presente sulla mappa, che lo costringerà a prendere la via cinque volte più lunga), ci ritroviamo ad empatizzare con un personaggio di cui non conosciamo trascorsi e null’altro se non la primaria missione, ovvero essere tratto in salvo e tentare ogni cosa affinché non muoia quella donna, anche lei caduta dal cielo.

Il crescendo di impedimenti e difficoltà è ovviamente tanto prevedibile quanto enfatizzato, e lo stesso dicasi per il finale, dove l’ultima possibilità di salvezza sembra svanire per sempre. E invece…

Insomma, tutto abbastanza già visto, con Mads Mikkelsen chiamato ad una prova estenuante che in fin dei conti gli si poteva pure risparmiare.