Perché meravigliarsi se un amore sta per finire o non si riesce a trovare il bandolo della matassa della propria esistenza, le cose vanno come va tutto il resto. Filosofia da metropolitana, anzi da taxi, che il giovane autore di testi comici Jerry Falk si vede propinare dal tassista che lo sta accompagnando all'aeroporto: direzione Los Angeles, verso una nuova vita. La stessa filosofia che per tutta la durata del film tenta inutilmente di inculcargli l'ennesimo looser cui da vita Woody Allen. David Dobel è infatti l'esatto contrario di Jerry: in là con gli anni, scrittore mai arrivato, ex-ebreo ora ateo con il complesso della vittima, nevrotico di proporzioni colossali mai caduto nelle maglie della psicoanalisi. Normale che sia colpito dal ragazzo, che ne voglia il successo in tutti i campi, affettivi e sociali. David sogna insomma di passare il testimone, operazione condivisa dallo stesso Allen che si costruisce un alter ego più affascinante e distaccato di quanto lui non sia mai stato. Per il resto Jerry - un perfetto Jason Biggs strappato alla demenzialità di American Pie - ha le sue stesse paure e insicurezze, a cominciare dalla difficoltà di capire sino in fondo l'animo femminile. La bella e focosa Amanda, interpretata da Christina Ricci, lo manipola come vuole senza che lui trovi il coraggio di opporsi ai suoi rifiuti sessuali, ai tradimenti mascherati da liberazione dell'anima, alle finte ansie da amore finito. Perché creare un doppio? Forse perché Allen sta cominciando ad accettare l'idea di invecchiare, di non poter più continuare a sostenere il ruolo del primo attore costantemente innamorato della bella di turno. Una scelta che vela di tristezza Anything Else, opera peraltro segnata da un rassicurante ottimismo e da un vitalismo che da tempo il regista non tirava fuori. Ci voleva forse il ritorno a una commedia romantica come questa, più di altri titoli alleniani ferma alla superficie delle cose, ma che ha il pregio di guardare a una parte di mondo finora ignorata, quella dei giovani. E' la prima volta che il regista newyorchese tenta di capire cosa faccia e dove vada la generazione dei venticinque/trentenni, lontana dalla sua ma non meno caotica e contrastata nei sentimenti e nelle aspettative. Come tutto il resto, appunto. Troppo presto per dire se Allen stia entrando in una nuova fase, però Anything Else testimonia di un cambiamento positivo che speriamo riporti la sua vena creativa, nelle ultime prove leggermente appannata, agli splendori di un tempo.