Berlino e l'Italia, due protagonisti ventenni, Giada (Elisabetta D'Arco) e il transgender Francesca (Giovanni Brignola). Entrambi si prostituiscono, adescando i clienti in supermercati, biblioteche e scale mobili. La Berlino orfana del Muro li accoglie e insieme li respinge, mostra i propri luoghi oscuri e occulta la luce diffusa, si fa violentare e contemporaneamente stupra, sulla lama sottile della memoria. Dallo schermo risuona cupo l'eco del passato regime comunista, con le voci secretate delle spie ridotte a caratteri sconnessi su faldoni ingialliti. Se per Francesca le coordinate cartesiane sono sconvolte dall'esprit de finesse di Andreas, cliente non-cliente, è la quarantenne Susanne in fuga da sé lo zenith del racconto, la catalisi esistenziale e drammaturgica del terzo lungometraggio del napoletano Pasquale Marrazzo, la più rapida tra le Anime veloci. Coro a una voce da tragedia greca, silenziata dalla contemporaneità non-tragica, Susanne (l'ottima Gabrielle Scharnitzky) incarna la simbiosi vittima-carnefice sottesa al tradimento, su cui Marrazzo, co-sceneggiatore con Lorenzo Loris, impernia la poetica di questo idiosincratico spy-thriller. Una poetica che vira in masochismo, minimo comune denominatore della ricerca spazio-affettiva di Giada, Francesca e Susanne. Saranno accontentati da una regia sadica, che blocca queste anime veloci in un fotogramma senza speranza, immagine-tempo orfana di movimento. Distribuito da Pink Movie A Different Movie (dal 7 luglio a Napoli, dal 14 a Roma, Milano e Torino), Anime veloci conferma il talento visivo di Marrazzo, già apprezzato regista di Male mare e A sud del sole. Con un surplus di senso (attoriale): il cammeo di Arnoldo Foà, nei panni del padre di Susanne. Sono anime veloci, non lasciamole fuggire.