A volte ritornano. Christian De Sica e Massimo Boldi non condividevano la stessa inquadratura da Natale a Miami, che per la regia di Neri Parenti rastrellò al botteghino 21 milioni e 249mila euro nel 2005. Tredici anni dopo, rieccoli pronti ad affrontare la sfida natalizia, sebbene quei 21 milioni lì oggi siano improponibili, ovvero proibitivi, e sebbene le primavere passino per tutti, anche per loro, e il voltaggio geriatrico sia ormai lì (Boldi è del 1945, De Sica del ’51) a un passo.

Nel cast Regina Orioli, Lunetta Savino e Maurizio Casagrande, Christian dirige Cipollino e se stesso in un hotel con vista su equivoci vari, travestitismi assortiti, segreti e bugie alla bisogna: lui direttore, Boldi proprietario, l’arrivo di nuovi soci cinesi ne sconvolge le vite, costringendoli a soluzioni drastiche, soprattutto per il pubblico.

Christian si cambia d’abito e sesso alla Mrs. Doubtfire, per dire di uno dei mille antecedenti, e cerca di far fronte al licenziamento; Massimo gigioneggia da cumenda su sedia a rotelle, bramando badanti e sottostando alla figlia-arpia (Orioli): è tutto stanco, anzi, stracco, le battute volgari sono iceberg grevi nella calma piatta, ogni cosa il déjà-vu di qualcos’altro, di quando il cinepanettone imperava senza sforzo nell’immaginario nazional-popolare.

Oggi lo sforzo si vede, nei corpi e sui visi dei campioni che furono, nel copione con più mani - Bardani, Brizzi (solo soggettista), De Sica, Falcone e Martani – che idee, nel respiro corto della, ehm, poetica, che non acciuffa più lo Zeitgeist socio-antropologico. La senilità presa per i fondelli, il coming out per stare a passo coi tempi, il volemose bene diffuso tra trans e mood gay-friendly, a che pro? L'effetto è di una minestra riscaldata al microonde.

Negli ultimi 20 minuti qualcosa succede, una minima scossa drammaturgica si sente, ma arrivarci è impresa disperante e disperata. La migliore recensione possibile l’hanno già firmata Paola e Chiara, nell’omonima canzone del 1997: “Amici come prima non vale più la pena”.