Clint Eastwood è un grande patriota. Lo sappiamo bene. Così attaccato al suo Paese, a quella bandiera che il veterano Kowalski orgogliosamente sventolava in Gran Torino contro i "musi gialli" del vicinato.

Ma ha anche un grande cuore, che gli permette di raccontare la guerra oggi, l'Iraq (ancora), senza venire meno ai suoi principi. Senza risparmiare vittime ma lasciando fuori lo spettacolo dei danni collaterali.

83 anni e oltre 50 film: nessuno è più versatile, coraggioso, testardo e idealista di lui. Quando mette in scena pagine atroci dimenticate (Lettere da Ivo Jima). I cowboy nello spazio, la passione folgorante tra un uomo e una donna (I ponti di Madison County). Lo Tsunami indagando l'Aldilà (Hereafter). Ricordare come Mandela vinse l'Apartheid con una partita (Invictus) e farci tornare al settembre 2001 con il cecchino Chris, e le sue quattro missioni in Iraq.

Prendere l'angelico Bradley Cooper, con una nomination in tasca se non l'Oscar stesso, e farlo diventare una macchina da guerra, un pezzo d'uomo con 18 chili in più, che non sbaglia un colpo. Oltre 160 "selvaggi" eliminati, una mira talmente precisa da sconfiggere il nemico a distanze impossibili. Leggenda tra i suoi stessi compagni e al contempo una storia vera, tratta dal libro dello stesso Chris Kyle, nato nel 1974 e morto l'anno scorso. Che nelle mani di Eastwood si trasforma in un film potentissimo (dal primo gennaio in sala con Warner), sul sacrificio di tutti i bravi ragazzi americani che hanno combattuto per difendere la Patria.

Sembra retorico? Non lo è affatto. Scorre per oltre due ore senza un momento di smarrimento. A parte quello di Chris, a casa con moglie e figli, con lo sguardo fisso sul televisore spento. Spari, urla ed esplosioni solo nella sua testa. Eppure alla fine ce la fa, riesce a salvarsi dalla morte, dalla follia della guerra. A reinserirsi nella quotidianità famigliare, continuando a salvare vite. Perché è questa la sua missione. E chi meglio di Eastwood può raccontarlo?

Riscrivere la vicenda qualunque di un soldato eccellente e renderla universale. Farci credere che nonostante tutto gli eroi siano tra di noi, anche se spesso con un destino beffardo.