Filippo (Pino Insegno) cerca di nascondere alla moglie Magda (Marta Altinier) la vaporosa e svampita amante Giuly(Justine Mattera), trasferitasi nella villa adiacente; saranno coinvolti in questa catastrofe imminente il suo migliore amico Giorgio (Claudio Insegno) e altri personaggi, dando vita ad una sarabanda di eventi e a una serie di rocambolesche azioni.
Nello scenario di una comicità segnata dagli equivoci Alta infedeltà, film di Claudio Insegno, fratello di Pino, è un continuo scambio d'identità e nomi (Magda diventa Minchia), giochi di parole e paronomasie, un puzzle di abbinamenti di coppie e termini che si incastrano e alla fine rompono il capo, nel vero senso del termine. L'atto mancato (il non detto) avvia il meccanismo delle reazioni a catena e le corse dei personaggi, come il divano che passa da una villa all'altra. Adattamento dell'esilarante commedia teatrale “Un marito per due” (2005), il regista elabora la storia e la farsa a livello cinematografico, ma lo stile resta teatrale: tutto si svolge su un unico palcoscenico - la villa borghese - e la recitazione degli attori è esasperata e caricaturale. I caratteristi come Marco Messeri (il maggiordomo con la zeppola), Maurizio Casagrande (l'asmatico con le sue performance gutturali e il gargarozzo) e Biagio Izzo (il pompiere piro-fobico) sono i più riusciti e Justine Mattera, nel ruolo dell'americana, è brava. Viene in mente il cinema dei telefoni bianchi degli anni '40 (Mario Camerini), girato nei teatri di posa, descrizione di un mondo borghese che evade altrove, irreale, lontano dai tormentoni intellettuali e dalla psicologia; lo si accosta alla tv e al quartetto della Premiata Ditta, certo non ricorda Billy Wilder e i grandi della commedia americana anni '60 che ha citato il regista come riferimenti. Alta infedeltà ha comunque il merito di strappare qualche risata evitando la volgarità e le parolacce.