Il sangue per le strade di Gwangju non si è ancora asciugato, anche se sono passati quasi quarant’anni da quel tragico maggio del 1980. Le immagini delle rivolte hanno fatto il giro del mondo, e difficilmente si dimentica un massacro così feroce, una delle pagine più buie della storia della Corea del Sud. Il presidente Park Chung – hee era stato assassinato e, con un colpo di Stato, aveva preso il potere il dittatore Chun – Doo hwan. I democratici non accettavano il regime, e scesero in piazza a Gwangju, in nome della libertà e dei diritti umani. L’esito fu tragico: i soldati isolarono la città e spararono sulla folla, uccidendo tremila persone.

A Taxi Driver ci trasporta davanti a quei fucili, per essere spettatori di un incubo da cui è la Corea del Sud non si è ancora svegliata. Al popolo raccontarono che si trattava di una rivoluzione comunista, di un gruppo di sovversivi senza scrupoli. Le bugie spesso accompagnano la follia dei potenti, una condanna per migliaia di uomini senza colpa, il cui unico peccato è combattere per un futuro migliore. Il protagonista è Kim, un tassista di Seul stritolato dai debiti. È rimasto vedovo, e adesso deve badare alla figlia di undici anni, cercando di arrivare come può a fine mese. A lui non interessa la politica, e crede che l’esercito sia un porto sicuro, non una minaccia per gli indifesi.

Un giornalista tedesco offre a Kim centomila won per un viaggio fino a Gwangju, e lui accetta con entusiasmo, senza sapere cosa lo aspetta. Superati con vari stratagemmi i posti di blocco, i due si trovano ad affrontare l’inferno sulla terra, tra le urla dei feriti e le bandiere crivellate dalle mitragliatici. È così che muore l’anima di una nazione. Il resto è storia, e tra il teutonico Hinspeter e Kim nasce un’amicizia destinata a durare.

Il regista Jang Hun, che è stato anche l’assistente di Kim Ki – duk, gira un film sulla ricerca della verità, sulla necessità di sapere a ogni costo quello che il potere nasconde. I reporter rischiano la vita, perché quello che succede a Gwangju non deve essere documentato, il popolo è costretto ad accettare le giustificazioni fornite dalla propaganda. Hun porta il marcio alla luce, a volte con l’enfasi che caratterizza il cinema di Seul. Ma l’affresco è di grande impatto e il ritmo è serrato. La vicenda inizia con i tratti di un classico buddy movie. I protagonisti regalano qualche gag, mentre sono ignari della tragedia. Poi la forza della realtà irrompe ed A Taxi Driver si trasforma in una testimonianza profonda, in una rappresentazione che punta in alto.

Kim è interpretato da Song Kang – ho, una vera stella nel suo Paese. Il suo personaggio ricorda l’avvocato di The Attorney che, dopo molte difficoltà, capisce che cosa significa schierarsi dalla parte dei perdenti. Anche qui, il suo tassinaro scorbutico sfida i cannoni della tirannia per trasformarsi in un eroe dal volto umano, un padre come tanti che non può più permettersi di chiudere gli occhi.