Forse è troppo facile definire Michael Bay un reazionario. Scatena l’apocalisse ad altissimo costo, risolve le dispute con una pioggia di fuoco, trasforma i suoi set in un campo di battaglia. Depone tiranni, si muove tra un Armageddon e un volo nei cieli di piombo di Pearl Harbor, e respinge le invasioni aliene a suon di bombe e ferraglia (Transformers). Per Bay non esistono mezze misure, e la politica è solo una questione di armi ed esplosioni. Decisionista, aggressivo, ma allo stesso tempo tra i pochi protettori dell’entertainment “d’autore”.

Nel pandemonio, il suo tratto è ben riconoscibile. Le inquadrature si inseguono a velocità supersonica, il montaggio è serratissimo, i primi piani sono selvaggi, frammentati. Le immagini si alternano a ritmo di musica, si passa dal videoclip all’omaggio ai maestri. Specialmente nel suo ultimo, pirotecnico, 6 Underground. E questa volta si schiera anche apertamente dalla parte del cinema.

 

“Sei mai stato in una sala dal 1983 al 2015? No, scarico tutto”, e subito Ryan Reynolds si indigna. Mentre Bay distrugge i vetri di un superattico con il Dolby Surround, ammicca a Il sesto senso (“Vedo la gente morta”), fa il verso all’estetica di Michael Mann, e richiama anche John Milius (l’elicottero e il tramonto…). La struttura è quella di un Fast and Furious molto più curato. Corse in macchina, protettori oltre la giustizia, quel senso di “famiglia” che ormai è diventato un marchio di fabbrica di Vin Diesel e compagni.

Bay è un regista attento al gusto popolare, che frulla immaginari e conosce molto bene la storia del grande schermo. Transformers è un gesto d’amore verso Spielberg, da E.T. – L’extraterrestre a Incontri ravvicinati del terzo tipo, 13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi (uno dei migliori film d’azione del nuovo Millennio), ammicca a Carpenter e gioca con Romero. E anche il titolo di questo suo ultimo petardo indiavolato sembra arrivare direttamente da Six Feet Under, l’iconica serie televisiva di Alan Ball e Rick Cleveland.

I “sei sottoterra” sono persone che hanno scelto di inscenare la loro morte per diventare dei fantasmi vendicatori. Stufi dei codici militari, delle imposizioni, si sono ribellati al sistema, riscrivendo le regole e mascherandosi da commando infernale. Forse questa è l’avventura più libera di Bay, che ragiona anche per ellissi, si muove tra passato e presente, brucia la bandiera ma conserva lo spirito americano.

Musica a tutto volume, momenti grotteschi che sfociano nel demenziale e anche nell’ultraviolenza. Estetica al limite, tripudio di clangori metallici, sventagliate di mitragliatrice che scandiscono l’andare del tempo. In un conto alla rovescia verso il Giorno dei Morti, dove il destino di questa “sporca sestina” si immerge in una realtà ormai in fiamme. Un delirio psichedelico che non risparmia neanche l’Italia. Il centro di Firenze è il teatro per una scarica di effetti speciali senza requie. Radicale, prendere o lasciare. Su Netflix.