Che spettacolo cinematografico e una certa dose di retorica sarebbero stati presenti nel nuovo war movie di Michael Bay c’era da aspettarselo. Ciò che sorprende invece è trovare nella messa in scena dell’attacco “terroristico” all’avamposto americano di Bengasi dell’11 settembre 2012 anche un certo equilibrio narrativo, capace di alternare le solite, magniloquenti scene di battaglia con momenti in cui personaggi e psicologie emergono con efficacia. Segno che il film è un prodotto senza dubbio più personale e sentito per Bay, siamo tutto sommato abbastanza lontani dal baraccone roboante di Transformers o dalla corrosiva superficialità di Pain and Gain. Grazie anche a un gruppo di attori molto efficaci in ruoli a loro non soliti – soprattutto John Krasinski e Pablo Schreiber siamo abituati a vederli in personaggi decisamente meno impegnativi a livello fisico – 13 Hours si rivela un prodotto con una sua anima ben definita, magari non condivisibile a livello ideologico ma comunque ben presente. E oltre alla solita forza spettacolare del cinema di Bay in un paio di momenti il senso di cameratismo e lo spirito di fratellanza che lega i sei soldati protagonisti del film arriva dritto la cuore dello spettatore.