Domani non siamo più qui

ITALIA 1967
Sconvolta dalla morte della figlioletta Lilith, Gioia accetta l'ospitalità del fratello Axel e della cognata Marina, e li raggiunge in una villa sulla costa amalfitana ove sono ospiti anche Leonora, Rico, Grazia e un giovane studente, Dionigi. L'instabile umore di Gioia mette a disagio gli ospiti e non manca di provocare qualche dissapore. Di conseguenza Leonora e Rico tornano a casa loro. Grazia si ritira nella sua villa poco discosta e persino Axel che ha tentato invano di curare lo spirito malato della sorella, alla quale è singolarmente attaccato, parte per Roma accampando pretesti professionali. Gioia, che ormai da lungo tempo vive separata dal marito, tenta con ogni mezzo di avvicinarsi agli altri, ma, anziché trarre vantaggio da tali contatti, ella ha il potere di far subire a chi l'avvicina il contagio della sua fondamentale inquietudine, della sua incontrollata passionalità, della sua paura. Il primo ad esserne vittima è Corrado, il dottore, che dopo averla curata per un attacco isterico ne diviene l'amante ed è subito dopo scacciato e disprezzato. Successivamente è la volta di Dionigi, lo studente intellettuale, che Gioia finisce col turbare ed opprimere profondamente. Sebbene in ritardo, anche Marina, nauseata da tanta miseria, reagisce fuggendo verso la città, mentre i due amanti, infelici e delusi, finiscono col lasciarsi.
SCHEDA FILM

Regia: Brunello Rondi

Attori: Mirella Pamphili, Dana Ghia, Maria Grazia Buccella - Marina, Fiorella Battaglia, Umberto Raho, Ingrid Thulin - Joy, Luigi Vannucchi - Riccardo, Robert Hoffmann - Dennis, Gianni Santuccio - Axel

Soggetto: Brunello Rondi

Sceneggiatura: Brunello Rondi

Fotografia: Luciano Trasatti

Musiche: Giovanni Fusco

Montaggio: Nella Nannuzzi

Scenografia: Oscar Capponi

Durata: 106

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA

Produzione: WALTER BRANDI PER LA BIVAL FILM

Distribuzione: AUGUSTUS CIN.CA

NOTE
REVISIONE MINISTERO GIUGNO 1994
CRITICA
"Un mondo angoscioso e nemico dell'uomo è quello che viene descritto nei cupi film di Brunello Rondi (...). Qui tenta il ritratto di una donna che (aiutato anche dalla scelta della brava interprete Ingrid Thillin) viene diritto dal filone nordico esistenziale. Ma Rondi non è Bergman. (...) La storia risulta (...) credibile e lineare (...) si può rimproverare a Rondi (....) di non credere abbastanza a sé stesso (...)". (P. Perona, "Civiltà dell'Immagine", 3, giugno 1967).