Si salvi chi vuole

ITALIA 1980
Stefano, deputato comunista costretto a fare il pendolare tra Roma e la Bologna in cui vive, dopo quindici anni di matrimonio con la fedele Luisa ora, per colpa dei figli, si trova costretto a bisticciare con lei, imbevuta di moderno permissivismo. Enrico, il più piccolo, è affetto da meteorismo che lo psicologo prof. Storini non riesce a curare e, mentre a scuola si trova a disagio, a casa si vendica spiando con aggeggi da agente segreto le liti dei genitori e le spregiudicatezze della sorella. Questa, l'adolescente Antonella, abbastanza gratuitamente fugge da casa e, dopo qualche giorno di evasione, vi ritorna con il napoletano Poldo, a sua volta accompagnato dall'invadente cane Epicuro. Luisa, fedele alla sua comprensività, difende la nuova situazione. Stefano, tipicamente tendente all'ordine e alla tranquillità, prima tenta di abbozzare poi cerca un poco di quiete a Roma. Ma Luisa lo raggiunge e lo convince a tornare per una festa di società nel corso della quale Poldo ed Epicuro provocano disastri tali da regalare al padrone di casa un collasso con conseguente paresi. La notizia che Antonella è incinta da due mesi lo coglierà a letto, immobilizzato.
SCHEDA FILM

Regia: Roberto Faenza

Attori: Gastone Moschin - Stefano, Claudia Cardinale - Luisa, Enrico Vecchi - Enrico, Ilaria Vecchi - Antonella, Francesco De Rosa - Poldo, Giorgio Celli - Prof. Storini, Mattia Pinoli - Il nonno, Gruppo Della Rocca

Soggetto: Antonio Padellaro, Carlo Rossella

Sceneggiatura: Antonio Padellaro, Carlo Rossella, Vincenzo Caretti - collaborazione

Fotografia: Pasquale Rachini

Musiche: Ennio Morricone

Montaggio: Ruggero Mastroianni

Durata: 95

Colore: C

Genere: SATIRICO COMMEDIA

Specifiche tecniche: PANORAMICO - COLORE

Produzione: SOC. COOP. JEAN VIGO

Distribuzione: TITANUS - CREAZIONI HOME VIDEO

NOTE
- HA COLLABORATO ALLA SCENEGGIATURA VINCENZO CARETTI.
CRITICA
"Faenza gioca sul lieve, sui mezzi toni, sulla fotografia pulitina, i colori biodegradati, la narrazione dolce, la sceneggiatura precisina e senza genialità, per raccontare non lo spaccato feroce di una classe politica che ha tradito, ma una barzelletta tra amici. Il finale certo plana verso cattiverie più succose, quasi da Ferrei o da Buñuel, meglio da "Fischio al naso" di Tognazzi. Un gioco al massacro del Padre di Famiglia (di qualunque partito, in fondo, sia deputato) che, dopo aver ingurgitato pillole calmanti a ripetizione crolla e resterà per sempre, sguardo pieno d'orrido, con il braccio davanti al viso, come per ripararsi da una visione orribile e insopportabile. Poldo, i due ragazzi e la moglie lo hanno fatto fuori." (Roberto Silvestri, "Il Manifesto")

"Intenzioni rispettabili, se non si scontrassero miseramente con un copione infarcito dei più triti luoghi comuni, dove il qualunquismo di destra alla Dino Verde si mescola a quello di sinistra del "Male", e con un linguaggio cinematografico da commedia italiana di serie B, con tutte le volgarità, le frustrazioni, le confusioni del caso, compresa la pubblicità a sigarette e liquori. Come un torello accecato dall'ira, Faenza prende a cornate tutto e il contrario di tutto, spreca buone intuizioni (gli interni borghesi della rossa Bologna) con una esecuzione greve, ricorre a misere astuzie da avanspettacolo per far ridere "grasso", rispolvera perfino la decrepita trovata del meteorismo, con un goliardo invecchiato male. Risultato: non si può non simpatizzare con il personaggio del deputato comunista (Gastone Moschin), come certamente non era nei piani degli autori di "Si salvi chi vuole", che hanno perfino l'impudenza di citare Orazio in epigrafe...". (Sandro Rezoagli, "Avvenire")