Un muro di cinta, guardiani e telecamere a circuito chiuso: è La zona, quartiere residenziale dove ricchi e benestanti hanno deciso di trincerarsi, lasciando al di fuori la miseria e la criminalità delle favelas di Città del Messico. Ma cosa potrebbe accadere se, approfittando di una breccia causata dal maltempo, tre ladruncoli s'intromettessero per rubare, uccidendo, rimanendo uccisi e braccati, come nel caso del sedicenne Miguel (Alan Chávez)? Quali "regole" per salvaguardare la tanto agognata agiatezza, per proteggersi dall'esterno, verranno adottate dalla comunità? E la polizia? Sarà libera di investigare o messa in silenzio dalla moneta sonante? Interrogativi di forte attualità sociale ai quali cerca di dare risposta il lavoro di Rodrigo Plá (basato su un racconto scritto dalla moglie Laura Sanntullo, autrice della sceneggiatura), nelle sale italiane dal 4 aprile in circa 30 copie distribuito da Sacher. "Il mio film vuole essere un monito per le istituzioni - dice il regista, uruguayano di nascita e messicano d'adozione, premiato a Venezia con il Leone del Futuro per la migliore opera prima -, un documento per ricordare quanto, soprattutto in Messico, ci sia una carenza dello Stato impressionante, incapace di mettersi in gioco per venire incontro alle esigenze dei cittadini: da una parte 60 milioni di poveri, dall'altra pochissimi ricchi - 6 o 7 fra i 100 uomini più facoltosi del mondo sono messicani - che in nome di una fantomatica sicurezza si rinchiudono in quartieri residenziali simili a quello mostrato nel film". La paura dell'intruso, l'uccisione accidentale di un vigilante per mano di un anziano residente, la volontà da parte di tutti (o quasi) di insabbiare la cosa, la conseguente caccia all'uomo e il parallelo ostruzionismo nei confronti delle forze dell'ordine, "che tanto dopo tre mesi faranno uscire di prigione il responsabile...", perseguimento di un giustizialismo privato da lasciare impalliditi: "In Messico accade spesso, non solo nelle zone bene, che venga ucciso qualcuno in seguito a linciaggi - dice ancora Rodrigo Plá - ed è pratica comune ormai, oltre allo sviluppo sempre maggiore di quartieri come quello del film, che alcuni cittadini decidano di mettersi in consorzio per chiudere le strade adiacenti le proprie abitazioni e pagare dei vigilantes privati a tutela della propria sicurezza: emblema di un cambiamento non più solamente circoscrivibile ad un paese piuttosto che ad un altro; in molti hanno visto nel mio film una metafora sugli USA post 11 settembre: in qualche modo è così, i parallelismi con la paranoia di attacchi imminenti o la cultura del sospetto nei confronti delle idee più libere, lontane da quelle della massa, trovano corrispondenza ne La zona, luogo dove l'appiattimento verso l'uguaglianza è rinvenibile anche nella rappresentazione delle case, ognuna identica all'altra". L'unica speranza è affidata al personaggio di Alejandro (Daniel Tovar), coetaneo del ladruncolo e unico a darsi da fare affinché il ragazzino riesca a scappare dalla zona: "All'inizio anche Alejandro la pensa come il padre e il resto dei vicini - spiega ancora il regista, che ha da poco terminato il suo secondo film Desierto Adentro ed è in fase di pre-produzione con L'esperia (L'attesa), racconto di una giovane madre single che abbandona il padre smemorato in un parco - poi però conosce Miguel, si rende conto che è un ragazzo come lui, non un semplice animale da cacciare".