(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Cercare di comprendere perché Trump avesse vinto le elezioni era uno dei motivi per cui ho fatto questo documentario ma non era l'unico motivo. Mi interessava indagare la vita in un centro così piccolo. E proprio il fatto che di politica lì non si parla mai, sebbene in quel paese il 70 per cento della popolazione abbia votato Trump nel 2016, è esso stesso un dato politico importante".

Così il maestro statunitense Frederick Wiseman, parla del suo nuovo documentario presentato oggi fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, 'Monrovia, Indiana', che indaga l'America rurale, mostrando una piccola comunità dell'Indiana e aiutando in effetti a comprendere l'affermazione politica di Donald Trump. "Ho deciso di fare questo film - dice Wiseman - nella primavera del 2017. Avevo già lavorato su piccole città, come in 'Belfast, Maine', ma ho pensato che sarebbe stato bello fare una cosa su un piccolo centro del Midwest. La cosa che colpisce di più è la mancanza di curiosità per il resto del mondo. Nessuno parlava di cosa succede in Europa, in Asia, in Siria. Si parla di trattori, di famiglia, di ricordi di scuola, di gente che sta male. È un piccolo mondo che si autocontiene".

Sulla scelta di Monrovia, Wiseman spiega di averla "trovata per caso tramite un amico che aveva parenti di sei generazioni lì. Le location? Mi sono fatto guidare dal fato, partendo dai punti più ovvi di aggregazione: il municipio, i bar, i ristoranti. Tutti sono stati disponibili perché questo amico mi ha introdotto come una persona a posto con cui parlare. Le riprese del paesaggio? Monrovia è una città agricola. Sono stato sei settimane e ho filmato molto del paesaggio circostante. Rispetto a Belfast, Maine, qui c'è più natura, anche se sembra che tutto il lavoro agricolo venga fatto dai macchinari, perché ormai l'automazione è quasi totale".

La dimensione dell'isolamento è voluta: "Monrovia è a 40 minuti dalla città da Minneapolis. Vicina. Io dormivo in città durante le riprese. Eppure un abitante di Monrovia mi ha detto: ma non ha paura di andare a dormire a Minneapolis, è pericoloso. E quando in un incontro nel municipio il responsabile pianificazione dice che bisogna espandersi se si vuole creare nuovi posti di lavoro, i vecchi rispondono che vogliono rimanere esattamente come stanno".

Qualcuno gli chiede se i documentaristi non si trovino in questo momento storico a colmare delle lacune dell'informazione tradizionale e Wiseman risponde: "Non ho un'opinione sul ruolo dei documentaristi nella società. Io cerco di raccontare al meglio il soggetto che ho scelto. Ho fatto 150 ore di riprese per questo film che dura poco più di due ore". Quanto ai suoi progetti futuri, Wiseman dice: "La vita quotidiana in America è quello che mi interessa, è il filo rosso che lega tutti i miei film". Poi aggiunge sorridendo: "Il mio prossimo progetto potrebbe essere la vita quotidiana alla Casa Bianca. Ma è solo una battuta, perché sono scaramantico e non rivelo mai prima quale sarà il prossimo film".