In attesa della 30esima edizione del Torino Film Festival, ieri sera al Museo Nazionale del Cinema Werner Herzog ha presentato Death Row, la miniserie televisiva sulla pena di morte girata per il canale Investigation Discovery.
La serie Tv, insieme al doc Into the Abyss - A Tale of Death, A Tale of Life, propone le riflessioni di un uomo europeo e quindi, per tradizione, lontano dal concetto di pena di morte, di fronte a uno dei sistemi penali più rigidi del mondo, quello statunitense.
“Ho girato questo film - racconta il regista tedesco - e soprattutto il primo episodio per le donne: le Crime Series americane sono seguite da un pubblico composto al 70% da donne - lo si capisce dal tipo di pubblicità presente tra i vari blocchi - e questo mi ha incuriosito perché dovrebbero essere proprio loro le prime a temere uomini come James Barnes... Io ho voluto mostrare al mio audience la reale brutalità di questo uomo, ma al tempo stesso tranquillizzarle: ora è in prigione e non farà più male a nessuno”. I quattro episodi offrono i ritratti di detenuti nel braccio della morte, ma hanno l'obiettivo di restituire al pubblico l'umanità di questi assassini (o presunti tali).
“Quando li ho incontrati, sono stato molto franco con loro: io sono contro la pena di morte e sono certo che anche in queste persone ci sia un'anima, ma questo non significa avere simpatia nei loro confronti o giustificare quello che hanno fatto.”
I personaggi delle 4 storie (Barnes, Joseph Garcia, George Rivas, Hank Skinner e Linda Carty), sono stati incontrati per non più di un'ora a testa dal regista, che non ha quindi potuto compiere un lavoro di avvicinamento al personaggio, come abitualmente si fa per entrare in confidenza con gli intervistati. In compenso Herzog ha potuto svolgere una sorta di editing casting sul sito della prigione texana Polunsky Unit, dove i 5 sono incarcerati.
“Ho scelto delle storie emblematiche per riassumere la varietà umana che c'è nel braccio della morte... Avessi avuto più tempo, sarei riuscito ad andare più in profondità, ma sapevo che quei sessanta minuti con loro sarebbero volati in un attimo. Il reale peso delle loro parole e della loro condizione lo ho avvertito in un secondo momento, mentre ero in fase di montaggio... E' a causa di questa pesantezza che sia io sia il mio montatore abbiamo ripreso a fumare!”
Un ruolo importante nei 4 episodi lo ricopre il sogno, unica possibile evasione per i condannati a morte e tema ricorrente nei film di Herzog. “Sono da sempre affascinato dai sogni, ma non ne faccio mai! Sarà perché sono troppo impegnato a inventarli per i miei film!”, scherza il regista, portando in sala lo stesso delicato tocco di umorismo che, nonostante il tema impegnato, è presente nei quattro episodi. 
“La cosa interessante - continua - è riflettere su cosa sognano i detenuti: chi di poter mangiare quel che più ama, chi di camminare in libertà, chi di bere un bicchiere di vino, chi di spegnere le candeline del suo 99esimo compleanno. Questo dovrebbe farci capire quanto fortunati siamo noi altri, uomini liberi, che possiamo fare quel che ci pare: guadare il cielo, abbracciare un albero e rimanere a bagnarci sotto la pioggia... E' importante ricordarcelo, ti dà la misura di quel che davvero conta”.