“Il documentario per me è soprattutto dialogo, così è stato con Yohij Yamamoto (Appunti di viaggio su moda e città, 1989, NdR), con i musicisti di Buena Vista Social Club, con Pina Bausch. In questo dialogo la mia arte, la mia sapienza e tecnica, incontra quella di un altro artista”. Parola del regista tedesco Wim Wenders e il nuovo artista della sua collezione è Sebastiao Salgado, il celebre fotografo brasiliano, indagato ne Il sale della terra, da lui diretto a quattro occhi con il figlio di Salgado, Juliano Ribeiro.
In anteprima al festival di Cannes, dove ha ricevuto un premio speciale a Un Certain Regard, il film è in cartellone al Festival di Roma, sezione Wired, prima di approdare nelle nostre sale il 23 ottobre con Officine Ubu. Da 40 anni a questa parte, Salgado a viaggiato in tutti i continenti, seguendo l'uomo e l'umano nella gioia e, soprattutto, nel dolore: guerre, carestie, sofferenze, e dopo aver inquadrato il genocidio del Rwanda ha – dice Wenders – “smesso di aver fiducia nell'essere umano” e deciso di abbandonare la fotografia sociale. Dopo essersi lasciato curare dalla natura, di dedicarsi alla flora e alla fauna del pianeta con il progetto Genesi.
“Nel documentario sento di dover fare un passio indietro perché lo spettatore possa interagire con il protagonista: nella fiction, il narratore sono io, in prima persona; nei doc, io uso la terza persona, affinché l'artista possa parlare al pubblico”. Ancora, sulla distinzione tra finzione e cinema del reale, Wenders sottolinea come nel secondo caso “il pathos e la sofferenza non sono invenzione, ma quelli che Pina Bausch e Salgado hanno sperimentato, raccontato nella propria esistenza. Ecco un altro motivo per fare un passo indietro da parte mia: vorrei scomparire, perché non deve esserci un altro anello nella traduzione tra loro e gli spettatori”.
Se successivamente “ha trovato pace nella natura e ha potuto riprendere a scattare”, Salgado “è stato un portatore di pace attraverso l'enciclopedia di immagini prodotte nell'ultimo secolo: sì, meriterebbe il Nobel per la pace (risponde a precisa domanda, NdR), ma credo sarebbe turbato da questa prospettiva, perché è uno che vuole scomparire dietro le proprie foto”.
Tornando a Il sale della terra, Wenders ha cercato “di evocare l'universo di Salgado, il suo modo di fare foto, i suoi paesaggi, i cieli immensi: ho evocato il suo linguaggio attraverso il cinema, come avevo fatto per Pina utilizzando il 3D”. Ma perché dopo Pina e in attesa di un prossimo doc sull'architetto svizzero Peter Zumthor, Salgado? “Non sono più tante le avventure rimaste nel mondo, siamo andati ovunque, abbiamo esplorato tutto: Pertanto, mi interessano le avventure dello spirito, e per questo bisogna rivolgersi agli artisti: stilisti (Yamamoto), musicisti (Buena Vista), fotografi e danzatrici”.
Eppure, si sbaglierebbe a considerare conclusa la “carriera di finzione” di Wenders: “L'ostacolo? Ci vuole tanto tempo per fare un film, Da giovane ne giravo uno all'anno, ora non è più così, mi servono 5-6 anni”. Non a caso, il tempo di gestazione del suo nuovo lungometraggio di finzione, che sarà pronto a primavera 2015: Every Thing Will Be Fine, “un dramma familiare girato in Quebec, interpretato da James Franco, Charlotte Gainsbourg e Rachel McAdams”.